martedì 12 maggio 2009

GEOGRAFIA: RUSSIA - letture di viaggio


TRA MOSCA E SAN PIETROBURGO

Mosca e' selettiva. L’agglomerato urbano stupisce certamente per le proporzioni (quasi 50 chilometri da nord a sud, un po’ meno sulla direttrice est-ovest). Puo' anche intimorire per una certa tendenza al gigantismo dei suoi palazzi, cui nell’ ”altra” Europa non siamo tanto abituati. Ma quello che rende Mosca davvero particolare, e per questo a mio parere senza sfumature, quasi crudele, e' il modo in cui i contrasti sociali creatisi negli ultimi anni ti vengono sbattuti in faccia. Se hai la fortuna di volertene accorgere. Alla societa' del socialismo reale, magari anche grigia e sgangherata, in cui comunque ad ognuno era assicurato un minimo vitale al posto delle liberta' individuali, si e' sostituita una giungla scintillante e de-regolata, e non per questo meno illiberale, in cui la stragrande maggioranza della popolazione e' tragicamente impegnata in una lotta per arrivare a fine mese. 


Una lussuosa fermata della metropolitana di Mosca

Basta appena grattare la patina, allontanarsi un po’ dai circuiti in cui sono intruppati tutti i turisti (americani e giapponesi in maggioranza), farsi trasportare per le strade dall’istinto, e ti accorgi che non e' tutto oro quello che luccica. Se stai attento, noterai che la maggior parte della folla che anima i grandi centri commerciali di ploshad (piazza) Maneshnaja o i rinnovati GUM, strabordanti di merci lussuose e vetrine luccicanti, infila l’uscita con niente in mano. Neanche un paio di calzini, perche' pure i prezzi dei mercatini sotto casa sono gia' troppo alti per concedersi uno sfizio. Solo i self-service dei ristoranti funzionano a pieno regime; ma almeno la pancia piena e' un investimento sicuro. Le commesse intanto si girano i pollici e fanno finta di sistemare vestiti che nessuno ha provato. Se hai gli occhi aperti, ti accorgerai che alcuni chioschetti di periferia vendono a 3 rubli (250 lire) i sacchetti in plastica di “Dolce & Gabbana”. Ma con niente dentro, perche' l’importante e' andare nella “city” con l’illusione di poter fare shopping.


I grandi magazzini GUM

Poi, tra le 6 e le 8 di sera, quasi tutti ritornano dal lavoro verso le immense periferie-dormitorio. A Ostankino, Kuncevo, Gol’janovo, nei trilocali da dividere in quattro o cinque. Per loro, la giornata e' finita qua. Segui questo fiume di gente nella metro, e la vista degli straccioni, degli ubriachi, delle vecchiette inginocchiate che elemosinano, degli sguardi spenti delle venditrici di fiori di campo e' come un ceffone a tutti gli idealismi di ogni latitudine e colore. Sono a centinaia, in ogni stazione, agli angoli delle strade. Sopra, lungo la Tverskaja, i “nuovi ricchi” iniziano adesso a scendere dalle limousine con autista per andare a cenare magari con l’amante, circondati dalle guardie del corpo. I turisti si preparano a fare quattro salti in discoteca o l’ennesimo giro panoramico con la guida.
Qualche fuso orario piu' avanti, a Vladivostock come a Irkutsk, a Magadan come a Vorkuta, sta per iniziare un “altro” giorno. Tanta gente e' a zonzo: non c’e' lavoro. E chi ce l’ha, spesso non viene pagato da mesi. Mosca e' un’illusione, un miraggio nel deserto, uno stato nello stato. Il resto del Paese e' alla bancarotta economica, sociale, morale. Quanto durera' ancora, questa calma apparente?


La Piazza Rossa (Krasnaja Ploshad')
con la cattedrale di San Basilio sullo sfondo

Si', Mosca e' anche bella. Ci sono la piazza Rossa, il Cremlino, il teatro Bolshoij, la zona della via Arbat, la “piccola” Mosca, il parco Gorkij, la vita notturna. Ma credo non ci si dovrebbe dimenticare mai l’aspetto drammatico che questa citta' nasconde e quello che essa rappresenta.

Alla Leningradskij vokzal (stazione) il viaggiatore italiano ha la possibilita' di tuffarsi in una folla multietnica e indaffarata, che non ha nulla da invidiare a un suk arabo nell’ora di punta. Si prova a trovare una via verso i binari tra dignitose venditrici di tappeti, piazzisti di sigarette dal sorriso placcato d’oro e passeggeri che, con grazia rugbistica, si fanno largo trascinando pacchi informi sigillati con il nastro adesivo. Sabato 30 giugno il rapido 160 “Aurora”, dal nome dell’incrociatore che nel 1917 diede il via alla rivoluzione d’ottobre sparando qualche colpo di cannone, e' pronto al binario 4. Parte puntuale, alle 17.20 spaccate. Colmera' in meno di sei ore i 750 chilometri che mi separano da San Pietroburgo.
Il treno e' affollato e molto pulito. Tranne nei bagni, dove sembra che un’orda di tartari abbia appena tenuto un rave party. A bordo combatti con tavolini che o non vengono giu' per niente o scendono di scatto come coltelli a serramanico quando meno te lo aspetti, ascolti melodie italiane e Britney Spears in filodiffusione, osservi una coppia di svizzeri-tedeschi di Winthertur che impiega mezz’ora a strofinare il finestrino prima di accorgersi che lo sporco non sta dentro. Gratis, puoi anche prendere acqua bollente per il the dal samovar installato su ogni vagone. Verso Redkino ci si mette oltre quattro minuti per attraversare la confluenza tra Shosha e Volga, che qui e' appena nato ma sembra gia' un lago. Elisabeth, un’americana obesa di Seattle, mi chiede se non sono emozionato ad attraversare proprio questo grande fiume. Come no, la rassicuro, e' per questo che sto facendo fuori mezza tavoletta di Lindt alla nocciola. Elisabeth, ansiosa di condividere in qualche modo il pathos del momento, agguanta senza farsi pregare l’altra meta' della tavoletta e si allontana soddisfatta. Fuori scorre la campagna russa. Struggente e sconfinata, come il cielo che la sovrasta. I campi punteggiati di izbe (tradizionali case di legno della campagna russa) si alternano a boschi di betulle, larici e pini. Inizia la taiga. A Tver’, la prima fermata, c’e' il fuggi fuggi generale verso le uscite. Gli scaltri passeggeri russi, consapevoli dei prezzi praticati nella carrozza ristorante, scendono a “fare la spesa” sulle piattaforme, dove sorridenti e infiocchettate babuskj (letteralmente nonne – ovvero vecchiette) vendono frutta, gelati e bibite.
Quando alle 23 e 10 il treno arriva a San Pietroburgo, e' da poco cominciato il lungo tramonto del nord. Ad attendermi alla Moskovskij vokzal c’e' un’eterea creatura dai capelli biondo oro, che regge il solito cartello con la scritta “Mr. Andolina”. Ljuda, la creatura, ha 21 anni, grandi occhi azzurri, spontaneita' da vendere e un sorriso meraviglioso che ti stende come un pugno su un occhio. Racconta che si arrangia come puo' (da queste parti e' la norma), anche facendo la cameriera e l’insegnante di aerobica. In auto Ljuda ha qualche problema di orientamento, cosi' il trasferimento in hotel si trasforma in un simpatico e strampalato “giro turistico” di mezza citta'.
La citta' e' illuminata dalla luce surreale della “notte bianca”. Qui, tra giugno e luglio, il giorno si dilata a dismisura e un chiarore diffuso sostituisce la notte, mentre il sole si nasconde appena sette gradi sotto l’orizzonte. Lo spettacolo delle nuvole rosso fuoco in cielo e' mozzafiato.



San Pietroburgo
Che dire di questa citta'? Se la caotica Mosca e' la piu' orientale delle citta' europee, Pietroburgo e' la piu' europea tra le citta' russe.

Tra i canali di Peter 
(il nomignolo con cui i pietroburghesi chiamano affettuosamente la loro città)
 
Con quelle sue “prospettive” dritte, chilometriche, infinite, che scoraggiano in partenza una camminata a lungo termine. Con quel suo clima infido, che puo' trasformare una giornata davvero calda in un antipasto d’autunno (russo, non italiano…). Insomma: o la odi o la ami. Per me e' stato amore al primo sguardo. Sul “Repin”, il treno che il 5 luglio mi avrebbe portato in Finlandia, mi piangeva il cuore e gia' pensavo a quando avrei potuto ritornare.
San Pietroburgo e' una citta' dall’inverno buio e senza fine, da cuori solitari, da intellettuali demode', da romantiche passeggiate mano nella mano lungo la Neva (il fiume che attraversa la città), da visionari del genere avvistatori UFO: perche' la citta' viaggia, in un certo senso, in un’altra dimensione. Ma e' anche la citta' delle notti bianche, della intensissima vita notturna, della gente contenta per uno spruzzo di pioggia estiva, delle feste scatenate a base di vodka … 
Questa citta', nata a tavolino per volonta' dello zar Pietro il Grande, e' un capolavoro, un sogno, un miracolo urbanistico e architettonico di cinque milioni di persone. Alla stessa latitudine della Groenlandia e dell’Alaska.

 Dvortzovaja Ploshad
(piazza del Palazzo imperiale)

Fa impressione pensare che tanta bellezza, in un posto cosi' improbabile, sia dovuta principalmente al genio di generazioni di architetti italiani, che si formarono tra ‘600 e ‘700 a Roma e Parigi. 


vista dal canale Griboedov

Una citta' che puo' essere descritta forse solo vivendola. Cominciando dai quattro chilometri della Nevskij Prospekt, “il” viale, dove di giorno non si passeggia ma si viene sospinti dalla marea umana che lo popola. Sapendo scegliere tra gli innumerevoli buoni ristoranti delle varie cucine del mondo, dove si possono gustare pranzi davvero sontuosi. O anche solo accontentandosi di una shaverma (una specie di kebab) e una birra ai chioschetti della metro. Facendosi affascinare dagli scorci piu' reali e malinconici, lontani dalla folla, lungo uno dei canali che tagliano il centro storico. Prendendo il sole, distesi sul prato di uno dei tanti bei parchi. O ancora al tramonto, sui bastioni della fortezza di San Pietro e Paolo… 

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