martedì 12 maggio 2009

GEOGRAFIA: RUSSIA - La Transiberiana

Transiberiana 

Transiberiana. Non e' un treno leggendario come avrebbe potuto esserlo l’Orient Express; Trans-Siberian e' la rete di binari che collega Mosca con l’oriente, attraverso l’Europa orientale e l’Asia fino alle porte della Cina. Da Mosca a Vladivostok sono quasi 9.300 chilometri; e' la piu' lunga linea ferroviaria del mondo, interamente in territorio russo, importantissima da un punto di vista storico, economico e militare. Voluta dallo zar Alessandro III e' proprio come lui l’avrebbe immaginata, un nastro per congiungere da un capo all’altro il suo sterminato impero. Nel 1891 iniziarono i lavori; a quel tempo per raggiungere la capitale San Pietroburgo, dalle sponde del Pacifico un anno avrebbe anche potuto non bastare. La Siberia era collegata con la Russia Europea da una scomodissima e disagevole strada in terra battuta e le ferrovie dirette ad est si fermavano agli Urali. La traccia fu aperta nella steppa e nella taiga con la sola forza umana, braccia di forzati, di soldati e mano d’opera cinese; i binari avanzavano 650 chilometri l’anno ma fra inondazioni, malattie, guerre, assalti di banditi, pianificazioni malfatte e materiali scadenti, ci sono voluti 26 anni per completare quest’impresa faraonica. La linea principale e' stata poi ulteriormente sfrangiata; la BAM, Baikal-Amur Mainline, e' un’estensione che si prolunga a nord del lago Baikal per raggiungere la costa del Pacifico; da Novosibirsk la linea Turkestan-Siberian scende verso sud; da Ulan Ude si separa la Trans-Mongolian e poco piu' avanti la Trans-Manchurian, percorsi diversi che si ricongiungono a Beijing, Pechino.

A Mosca abbiamo il nostro appuntamento; qui dobbiamo assolutamente ritrovarci poiche' ciascuno di noi vi arrivera' per conto proprio e da vie diverse. E un martedi' sera eccoci finalmente riuniti, a ventiquattro ore dall’inizio della nostra avventura in treno. La curiosita' ci proietta subito a scoprire la citta'; una giornata mi e' bastata per amarla. Nella Piazza Rossa lo spazio si distende, e' immensa. Palcoscenico di colpi di stato, insurrezioni, esecuzioni pubbliche, parate militari, e' imponente. Poi davanti a me e' l’immagine di un sogno, il simbolo della Russia, la cattedrale di San Basilio, un gioiello che nessuna illustrazione ne' fotografia potra' mai rendere nella sua straordinaria bellezza. E’ un’apoteosi di forme, colori, cupole e cappelle; fantasmagoria alla luce del tramonto.

Il Cremlino e' un complesso di edifici di grande fascino, palazzi, chiese ortodosse, giardini e musei, cinti tutt’intorno da mura con torri e porte. La cattedrale dell’Assunzione della Vergine e' considerata la chiesa nazionale; vi furono incoronati tutti gli zar, da Iva'n il Terribile in poi, ed eletti e consacrati i patriarchi della Chiesa ortodossa, molti dei quali sono sepolti al suo interno. La cattedrale dell’Arcangelo Michele e' il luogo di sepoltura degli zar; nascosto alla vista, nei pressi dell’altare sta il sepolcro di Iva'n il Terribile. L’esterno della chiesa, che mischia lo stile rinascimentale italiano con l’arte tradizionale russa, e' un esempio della varieta' architettonica di questi edifici; infatti, tra la fine del XIV e l’inizio del XV secolo, lo zar Iva'n III il Grande invito' molti architetti italiani per progettare il Cremlino su modello europeo.

Passeggiando nei giardini e nelle piazze si incontra la campana dello zar, oltre 200 tonnellate di peso, la piu' grande esistente al mondo. Era ancora chiusa nella sua forma di gesso quando venne in contatto con l’acqua versata per controllare un incendio vicino; si ruppe subito e un grosso pezzo salto' via. Questa campana non ha mai suonato. Un po’ come il cannone dello zar, 40 tonnellate, il piu' grande al mondo; venne fuso con l’intento di difendere le mura del Cremlino. Simbolo del patriottismo russo, non sparo' mai un colpo. Grandi, belli, molto decorativi, motivo di orgoglio e assolutamente inutili, ricordano un po’ certi popolari personaggi che vogliono apparire, senza essere.

I cartelli, le insegne pubblicitarie, i nomi delle vie e delle piazze, le fermate della metropolitana, tutto e' scritto in cirillico, l’ alfabeto russo. Il cirillico e' basato su caratteri greci e latini ed ha sostituito il precedente alfabeto glagolitico usato nelle prime traduzioni dei testi liturgici dal greco. In origine comprendeva 43 lettere, ridotte a 32 nel russo attuale; ogni lingua che ancora utilizza il cirillico conserva delle proprie piccole varianti.

Stazione Yaroslavsky. Cerchiamo il treno numero 10, il Baikal Express diretto Mosca-Irkutsk, uno fra i piu' belli della ferrovia ci dicono. Le nostre cuccette sono prenotate sulla carrozza numero zero; bene, incontriamo subito la 18, 17, 16. 9 e' il vagone ristorante e cosi' risaliamo il lunghissimo convoglio, bagaglio in spalla. E’ un treno di sola seconda classe, 19 vagoni solidi ed essenziali, nove scomparti per carrozza, quattro cuccette per scomparto; carrozze tutte uguali con un gabinetto ad ogni estremo ed un piccolo rifugio per il ‘controllore’. Controllore o capo-vagone piu' un’assistente, sempre coppia al femminile, con il compito di tenere al meglio la ‘loro’ carrozza. La divisa cambia con il ruolo del momento, come hostess sull’aereo, e' tailleur azzurro scuro l’ufficiale; oppure grembiulino per le pulizie di ogni giorno: carta nei bagni, polvere e aspirapolvere sulla passatoia del corridoio e nelle celle dei viaggiatori.

Chilometro 1777, un obelisco bianco indica il passaggio dall’Europa all’Asia; entriamo in Siberia attraverso gli Urali.


Nel corridoio e' appesa una tabella con il percorso del treno e gli orari previsti d’arrivo alle stazioni, fra due finestrini e tralci verdissimi di edera cascante, finta. Si fanno un paio di soste al giorno, 20 minuti o anche meno se il treno porta ritardo, per fare quattro passi, una corsa, o per comperare qualcosa da mangiare dai venditori improvvisati che ci aspettano lungo i binari della stazione: uova sode, yogurt, pesce affumicato, polpette di carne e di patate, pomodori, qualche mela, frutti di bosco in bicchieri di carta, o una bibita, del pane, grossi würstel molto agliati, spaghetti coreani liofilizzati in scatola di polistirolo, dove basta aggiungere un po’ d’acqua bollente ed in cinque minuti riprendono a vivere. Sono poche le bancarelle, ma e' un formicolio di donne e bambini, un tovagliolo a ricoprire i cestelli ripieni di povere cose. Tenerezza e tanta pena per questa gente ingegnosa che arrotonda cosi' le misere entrate.

Poco prima di Novosibirsk incrociamo l’ Ob, uno dei fiumi piu' lunghi al mondo.

E’ stranamente bello, eccitante, disorientante, sapere di non aver altro da fare se non leggere, chiacchierare, guardare attraverso un finestrino, mangiare e dormire; come i bambini. Il dondolio del treno e' una culla e ci si sveglia tardi la mattina, poi il pranzo e' merenda. E ci abbandoniamo cosi' tanto che il ‘nostro’ orologio si stara. Non siamo piu' sincronizzati con l’esterno ma, come fossimo in totale isolamento, seguiamo i nostri ritmi di veglia, alimentazione e sonno, completamente scollegati, sonnambuli in giornate senza data.

Krasnoyarsk; attraversiamo il lungo ponte sul fiume Yenisey.

Intanto sul nostro piccolo schermo scorrono foreste di betulle e larici, terre pacifiche, piccole fattorie, sentieri fra prati fioriti, contadini al lavoro, un albero appena tagliato, mucche al pascolo, un side-car.


La Siberia può riservare incontri inaspettati...

E finalmente Irkutsk, la capitale culturale della Siberia meridionale. Siamo a terra con quasi 5200 chilometri alle spalle. Sul fiume Angara – unico emissario del lago Baikal – Irkutsk fu fondata dai cosacchi nel 1651 come avamposto militare. Grazie alla sua posizione strategica si sviluppo' come mercato, crocevia del commercio in pellicce, oro, te', seta e altro, fra Russia e Cina. Citta' di mercanti e aristocratici, fu luogo di confino per prigionieri politici e decabristi. La rivolta decabrista – dal russo dekabr’, dicembre – fu un movimento di protesta guidato da un gruppo di rivoluzionari nel dicembre del 1825 a San Pietroburgo. Erano per lo piu' ufficiali dell’esercito zarista, speranzosi di instaurare un regime repubblicano o monarchico costituzionale. La sommossa venne prontamente repressa ma centinaia di rivoltosi furono esiliati o condannati ai lavori forzati. Scontata la pena, alcuni decabristi decisero di rimanere; le loro splendide case, adesso restaurate, sono musei e si possono visitare. L’architettura delle abitazioni mescola lo stile neoclassico al legno, tipico delle case originali della vecchia Siberia.

Mi piace sempre ricordare che a Irkutsk nacque Rudolf Nureyev (grande ballerino russo del ‘900).

stazione di Irkutsk

Non ho mai amato il caviale e nemmeno la vodka, liquore non invecchiato, senza profumo, dal sapore troppo morbido. Mi lascio conquistare piu' facilmente da una bruschetta e prosciutto crudo piuttosto che da ostriche e champagne. Pero' la cenetta a base di caviale e vodka al Nostalgia Kafe, con un’appassionata voce che intonava ‘Caruso’ – in Siberia! – non mi ha lasciata del tutto indifferente.

E formidabile e' l’atmosfera da festa paesana sul fiume, la domenica sera, con la gioventu' agghindata per lo struscio; zucchero filato, tacchetti, sorrisi, trasparenze, rossetti, profumo di carne grigliata e noi ad inseguirne il fumo.

Una settantina di chilometri lungo il fiume ed arriviamo al Baikal, il lago piu' profondo del mondo.


Lago Bajkal

La sua forma sottile ricorda uno spicchio di luna. Si allunga per oltre 620 chilometri, grosso modo dieci volte di piu' del ‘mio’ lago, quello di Como. Al Baikal Limnological Institute (dal greco limne, lago), un filmato ci racconta della trasparenza delle sue acque, della grande varieta' di flora e fauna presenti, delle specie animali endemiche, dei salmoni e storioni, delle foche d’acqua dolce

foche d'acqua dolce

Siamo nei pressi di Listvianka, porticciolo graziosissimo, villaggio fra mare e campagna dove il modo di vivere e' rimasto immutato nei secoli. Una chiesa, deliziose piccole case di legno con un giardino davanti, un recinto. Maria ci accompagna a visitare la sua casetta: attraversiamo un’esplosione di verde con siepi di lamponi e fiori e piante di patate. In cucina il forno in muratura per il pane e' spento, le preziose e misere cose sono in ordine, linde, pulite; e trine, candidi pizzi sui cuscini del letto, sul divano. Lei e' cartapesta bruciata, profondissimi i solchi nel viso, ragnatele attorno agli occhi, occhi vecchi, azzurri o vitrei, il colore si confonde; una bocca che sorride, un sorriso che risucchia. E’ l’immagine del tempo che e' da sempre, che non c’e' piu'.

A Ulan Ude solo il tempo di una sera. Catturo immagini: una grande statua con la faccia di Lenin, enorme e nera; i primi visi mongoli dei buriati, uno spiedino, poche ore di sonno e via, nuovamente. La mia irrequietezza oggi e' troppo forte.

Sdraiata su una panchina mi appisolo nella piccola stazione di frontiera di Naushki; la giornata e' calda e afosa. Siamo fermi gia' da qualche ora ad aspettare; passeremo dieci ore cosi', sotto il sole cocente di questa estate siberiana.

Sulla Trans-Mongolian non esistono regole, i posti prenotati non saranno mai nostri, sul treno le pulizie non vengono mai fatte, uno dei bagni diventa ‘privato’, occupato da una trasandata coppia ‘controllore-assistente’ con un seguito di mariti, amanti e amici, forse. Tutto il convoglio e' stato smembrato e allontanato ma nemmeno ce ne siamo accorti; e' rimasta solo la nostra carrozza, l’unica per stranieri, e noi stranieri. Il pomeriggio e' sonnolento. Tutti, anche quelli che si erano impegnati a piu' non posso a giocare a carte, a prendere il sole, a lavarsi i capelli o a fare il bucato, tutti, in piedi gironzoliamo annoiati. Nel frattempo arriva nuova gente, strani movimenti pesanti scatole di cartone e dozzine di uova vengono caricate sul vagone; entrano uova escono ravioli! Ma e' ora di cena adesso per gli artefici della metamorfosi che, seduti a terra in tondo, soddisfatti, insaporiscono la loro zuppa con morsi di erba cipollina.


pescatori a Vladivostok, città russa sull'Oceano Pacifico,
capolinea della Transiberiana

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