lunedì 30 marzo 2009

la biblioteca della 2°C - parte 2


I diritti del lettore
secondo Daniel Pennac


1. Il diritto di non leggere (spiacente... questo non ve lo concedo!)
2.Il diritto di saltare le pagine
3.Il diritto di non finire il libro
4.Il diritto di rileggere
5.Il diritto di leggere qualsiasi cosa
6.Il diritto di leggere ovunque
7.Il diritto di spizzicare
8 .Il diritto di leggere ad alta voce
9 .Il diritto di tacere


TITOLO: Arthur e la guerra dei due mondi
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AUTORE: Luc Besson, nato a Parigi nel 1959. Da piccolo voleva fare l’astronauta o il subacqueo. Ma poi si appassiona al cinema tanto da trasferirsi a Hollywood. Tra i suoi film più celebri Nikita (1990), Léon (1997), Giovanna d’Arco (1999) e Angel-A. Nel 2007 sono diventate un film anche le prime due avventure di Arthur.
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ANNO DI PUBBLICAZIONE: Il libro è stato pubblicato nel 2007
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GENERE: avventura
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TRAMA: Arthur è rimasto rinchiuso nel mondo dei Minimei, alto appena due millimetri, insieme alla principessa Selenia e al principino Betameche. Al suo posto è andato nel mondo degli umani Maltazard, il principe delle tenebre. Maltazard vuole conquistare tutto il mondo ed essere il padrone assoluto. Arthur trova un modo per risalire in superficie e recupera il liquido che lo fa tornare alle sue dimensioni normali. Durante lo scontro finale tra Maltazard e Arthur appare un colpo di scena inaspettato da parte del figlio di Maltazard…
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UN PERSONAGGIO: Selenia è la principessa dei Minimei, prima figlia del re. È bellissima, alta, con i capelli rossi e un viso perfetto. È una guerriera brava e molto valorosa. È piena di energia e non si abbatte mai. Ed è perdutamente innamorata del suo principe Arthur.
Frase più bella e perché: “A vincere senza pericolo si trionfa senza gloria”. Questa frase mi è piaciuta molto perché a vincere senza merito non si ha nessun trionfo, ed è una cosa vera.
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COMMENTO: questo libro è molto bello perché oltre a raccontare un bellissima avventura e storia d’amore spiega le difficoltà che si possono incontrare ogni giorno.
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VOTO: 9+
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Autrice: L.A.
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TITOLO: In vacanza con i nonni (2005)
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AUTORE: Angelo Petrosino (nato a il 3 febbraio 1949 a Castellaneta. Insegna in una scuola elementare da anni. Vive a Chiasso. Pubblicò il primo libro per ragazzi nel 1989, la febbre del karate. Dal 1995 scrive con il personaggio guida Valentina, molto conosciuto e stimato dai ragazzi)
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GENERE: Narrativa per ragazzi
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TRAMA: E’ arrivata la primavera e le vacanze di Pasqua per Valentina quest’ anno saranno veramente speciali. Lei e suo fratello Luca passeranno una settimana dai nonni materni, che vivono in collina. Valentina non vede l’ora di esplorare i boschi vicino a casa, giocare Luca con cross, il simpaticissimo cane dei vicini. Lei e suo fratello passeranno delle giornate fantastiche in compagnia di nuovi e simpatici amici. Ma la cosa più emozionante, di sicuro, saranno le storie e le avventure che le racconterà il nonno, che parlano di curiosi episodi della sua gioventù: che cosa avrà in serbo questa settimana per la sua adorata nipotina?
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PERSONAGGIO: Valentina è una ragazza dolce e simpatica che fa la quinta elementare. Ha i capelli biondi ed i suoi migliori amici si chiamano Tazio e Ottilia. Le piace molto scrivere e adora viaggiare e fare nove esperienza. Guarda la vita con felicità e serenità ed è sempre molto allegra. Vive sempre delle nuove e emozionati avventure che ci racconta nei suoi fantastici libri. Valentina mi piace molto perché è un personaggio simpatico e secondo me, bisogna ammirarla perché è sempre allegra.
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FRASE PIU’ BELLA: "Finalmente ci siamo lasciati l’inverno alle spalle ed è arrivata la primavera. –Valentina, com’è bella la vita- esclamò Ottilia prendendomi sotto braccio. Eravamo in collina e guardavamo Torino che si estendeva ai nostri piedi e i monti che svettavano maestosi in lontananza."
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COMMENTO: Il libro mi è piaciuto abbastanza, perché le storie raccontate sono belle e il libro è scritto bene però in alcuni punti è un po’ noioso.
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VOTO: 7
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Autrice: G.C.
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TITOLO: Pollo alle prugne
anno edizione 2005 Sperling & Kupfer Editori S.p.A.
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AUTORE: Marjane Satrapi. Nata il 22 novembre 1969 è un'autrice di fumetti e illustratrice iraniana. Passa l'infanzia a Tehran. Vive a Vienna gli anni dell'adolescenza. Attualmente vive e lavora a Parigi.
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GENERE: Graphic novel (romanzo a fumetti)
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TRAMA: Questo libro racconta la storia di un musicista iraniano negli anni '50.Pollo alle prugne racconta la vita triste di un musicista. Questo libro pur essendo semplice da leggere non mi ha fatto capire bene diversi punti di vista della vita di questo personaggio,e non mi ha fatto neanche capire lo scopo di questo libro,infatti sono riuscita ad arrivare solo a metà libro. Comunque sono riuscita a capire che il protagonista in passato ha avuto una storia difficile con la donna che amava,ma se non mi sbaglio a quanto ho capito voleva voltare pagina ma non ci riesce perchè poi incontra una donna che era tale uguale a quella donna.
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PERSONAGGIO: Il personaggio del libro che mi ha colpito è proprio il protagonista, il musicista di tar.Mi ha colpito perchè nonostante le difficoltà passate in amore,si mostrava duro davanti a tutti e non mostrava la sofferenza che provava.Questo musicista naturalmente si vestiva sempre elegante,con cappotti lunghi, e mostrava dei sapienti baffi e un cappello maestoso.
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LA FRASE CHE MI HA COLPITO: non mi ha colpito nessuna frase in particolare,perchè la struttura del libro è molto giovanile e poi è un libro a fumetti.
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COMMENTO: Questo libro non è brutto, però pur essendo facile da leggere e pur essendo molto giovanile,non ho capito molti passaggi di questo romanzo.
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VOTO: 6 1/2
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Autrice: E.S.

GEOGRAFIA: i Sami (o Lapponi), popolo nomade della Scandinavia


I Sami (sámit o sápmelaš in lingua autoctona) sono una popolazione indigena di circa 75.000 persone stanziata nella parte settentrionale della Scandinavia tra la penisola di Kola (Russia) e la Norvegia centrale includendo anche le regioni più settentrionali della Finlandia e Svezia.
I Sami hanno la loro storia, lingua, cultura, attività professionali, modo di vivere e identità. Si dividono tra quattro stati: Norvegia (40.000 sami), Svezia (20.000), Finlandia (7.000) e Russia (2.000).
Generalmente sono conosciuti in italiano come Lapponi, sebbene oggi il termine sia improprio, dal momento che tale aggettivo identifica tutti gli abitanti della Lapponia, includendo ad esempio i finlandesi, nella cui nazione la regione rappresenta una provincia amministrativa. L'etimologia stessa della parola lappone è ancora incerta (lapp significa "toppa" in svedese, lape significa "periferia" in finlandese).
Le prime notizie attendibili su questo popolo risalgono al 1555 quando lo svedese Olaus Magnus pubblicò a Roma la "Historia de gentibus septentrionalibus". Prima di allora vi sono solo descrizioni fantastiche da parte di autori medioevali che popolano la Lapponia di amazzoni che rimangono incinte da sole bevendo acqua, uomini verdi, cannibali ed altre favole.
Negli antichi documenti ufficiali locali gli antenati dei sami vennero chiamati "lapponi". Un "lappone" significava in Finlandia una persona che praticava le cosiddette "professioni lapponi" cioè l'allevamento di renne, la pesca e la caccia.
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ABITAZIONI
Un tempo i sami erano principalmente allevatori di renne, pescatori e cacciatori nomadi, abitavano in capanne coniche trasportabili chiamate kota, o in tende chiamate lavvu. Le capanne di zolle sono frequenti negli accampamenti primaverili e autunnali, e sono costruite sullo stesso schema delle tende ad archi meridiani, ma vengono coperte di terra anziché di teli e di pelli. Nei terreni boscosi i pali possono essere facilmente tagliati sul posto e non devono essere trasportati; le intelaiature sono in questi casi coperte da scorza di betulla. I Lapponi costruiscono i loro accampamenti dove possono fornirsi di acqua potabile e di combustibile. Per facilitare gli spostamenti, essi portano con sé poche cose. Non esistono mobili, a parte la cassa da viaggio e la culla sospesa al soffitto.
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LINGUA
Le lingue sami appartengono al gruppo linguistico ugro-finnico. La loro letteratura era una volta esclusivamente orale, sebbene oggigiorno molte poesie e canti (lo joik) siano tradotti e pubblicati soprattutto nelle tre lingue sami principali (sami settentrionale, sami di Inari e sami skolt).
Sebbene la popolazione Sami non sia costituita in uno stato indipendente, al fine di rafforzarne l'identità nazionale e di preservarne gli aspetti culturali e tradizionali, il popolo Sami possiede un proprio organo rappresentativo, il parlamento Sami, una propria capitale, Karasjok, ed una propria bandiera.
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CARATTERISTICHE SOMATICHE E ETNICHE. USANZE E RELIGIONE
I Sami vengono considerati una etnia artica, con caratteri propri, dato che risulta problematico inserirli fra le popolazioni asiatiche, sia per la mancanza di caratteri mongoloidi quali gli occhi a mandorla, sia per l'alta incidenza di occhi e capelli chiari. I Sami sono tra gli abitanti europei più bassi (in media solo 157 cm).
La loro abitazione tradizionale era costituita o da una tenda portatile, costruita con pelle di renna, oppure da una capanna fissa. Il loro mezzo di trasporto tradizionale era la slitta trainata dalle renne, anche se hanno utilizzato sin dall'antichità gli sci, dei quali è stato rintracciato un esemplare datato al 1500 avanti Cristo.[2]
Vivono in un ambiente particolarmente inospitale, a causa sia delle temperature rigide, sia per l'assenza totale di luce solare durante la stagione invernale, per un periodo che varia da uno a due mesi.
Le renne rappresentavano, tradizionalmente, l'unica risorsa dei Sami, visto che da essa ricavavano le pelli per gli abiti e per le dimore, la carne, le bevande, le ossa e le corna per realizzare strumenti e utensili.
Tradizionalmente, i Sami trascorrevano l'inverno nelle terre in pianura, prima di trasferirsi, nel mesi più caldi, su fino ai pascoli montani, lontani dalle zanzare e dal caldo.
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La loro religione tradizionale era quella sciamanica. Nell'arte della previsione del tempo i Sami hanno inventato dei riti complicati. Per predire l'avvenire lo sciamano ( detto naid o noide) utilizzava un tamburo magico di forma ovale, diviso in 3 o più settori, a rappresentare gli spiriti del cielo, la terra e l'uomo, raffigurati da molti simboli. Lo sciamano poneva sopra il tamburo una bacchetta magica o degli anelli di rame. Poi cantava battendo il tamburo ed entrava in estasi. Frattanto l'indicatore( bacchette o anelli) si disponeva in un certo modo sopra i simboli del tamburo, e ciò permetteva al mago di prevedere il futuro. La divinità principale sembrava essere stata il Dio del tuono. Tra le altre divinità importanti era la Madre- Terra ( Madar-Ahkkn), che proteggeva le nascite e aveva grandi poteri guaritori. Credevano che, al momento della morte, l'anima e il corpo si separassero definitivamente; spesso veniva abbandonata la capanna dove era morto qualcuno. Come presso molti popoli nordici, l'orso era uno dei più importanti animali rituali, e molti tabù e credenze lo riguardavano. Molti riti propiziatori si riferivano agli animali: quando uno di loro veniva ucciso, un pezzo di carne di ogni parte del corpo veniva inserito in una specie di tomba, per essere seppellito, nella convinzione che la divinità, ingraziata dal sacrificio, facesse rivivere l'animale in un altro mondo.[4] I Sami credevano nel potere magico dei sogni, interpretandolo come una via di comunicazione con il mondo dei morti.
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ISTITUZIONI
Oggi esistono vari "parlamenti sami", fondati in Finlandia nel 1973, in Norvegia nel 1989 e in Svezia nel 1993 che difendono i loro interessi e preservano la loro autonomia culturale.
Attualmente i Sami non sono più completamente nomadi, bensì vivono in piccoli paesi, tra i quali Kautokeino, considerata la capitale culturale dei Sami, dal momento che il 90% dei suoi abitanti parla la lingua sami. Anche Karasjok è un importante centro formato da circa 3000 abitanti, sede del parlamento sami norvegese e di altre istituzioni quali, la radio NRK Sami Radio, il museo Sami Collections, i centri culturali Art Centre e Sami Specialist Library.

sabato 28 marzo 2009

il diario della 2° C

Settimana dal 16 al 20 Marzo

Lunedì: giorno speciale: SCURA (R.C.) SI TAGLIA I CAPELLI
A D.C. cade un dente e lo fa cadere per terra, il prof. Galati se ne accorge e propone di farci una collana. Idea accettata dalla maggior parte della classe.

Martedì: Durante la spiegazione del brano di antologia, G.V. sbaglia e invece di dire che sparano alle civette esclama:”Sparavano ai grilli”. G. ti avevo sentito dire e fare di tutto ma questo mi devi insegnare a farlo.

Mercoledì: Un giorno normalissimo, uno dei pochi che c’è nella nostra classe.

Giovedì: peggio del giorno prima, giornata noiosissima.

Venerdì:Il fatto della settimana è accaduto venerdì: durante il tema il prof Galati coglie l’occasione per rubare il diario a D.C. che dopo aver ripetuto” No prof c’è scritto un segreto” allora il prof apre la pagina e legge I LOVE MY HORSE! Una risata che non finiva più.

Biografi: S.B & A.B

Settimana dal 23 al 27 marzo

Lunedì: GIORNATA PAUROSA! Tutti gli alunni della 2°C erano preoccupati per la verifica di artistica .Durante la lezione di scienze molti ragazzi ripassavano le parti della chiesa.
Arriva la verifica,molto difficile.

Martedì: Una normalissima giornata di lavoro a parte che per A.B. e F.B.che dovevano recuperare la verifica di geografia .Poi alla 5° ora è arrivata la prof Z. con L.L accusando N.C. di cose strane .Ma tutta la classe lo ha difeso.


Mercoledì: Oggi siamo andati in gita a Soncino a visitare la rocca sforzesca e la stamperia della famiglia Spira poi chiamata famiglia Soncino.
Ci siamo proprio divertiti anche se al ritorno abbiamo dovuto sorbirci 3 ore di pullman.

Giovedì: Purtroppo oggi non è successo nulla di interessante.

Venerdì: oggi abbiamo avuto 2 verifiche di fila la prima di inglese,che era molto facile e poi la verifica di storia che era più difficile.



Biografi:
C.R.&B.F.

giovedì 26 marzo 2009

CURIOSITA' STORICHE: Quando e come è nato il croissant?




Mezzaluna islamica nell'attuale bandiera turca e croissant
Il croissant è una brioche a forma di cornetto fatta di morbida sfoglia croccante, farcita di marmellata, crema o quant’altro la fantasia dei panettieri-pasticcieri suggerisca. “Croissant” è parola francese che vuol dire “crescente”. Participio presente del verbo “crescere”. Il riferimento non è alla pasta lievitata, ma ad un pericolo evitato. Un pericolo che per lunghi secoli fu in crescita esponenziale, e tenne col fiato sospeso le popolazioni occidentali, costiere e non. Sintetizzato, nel meridione d’Italia, dal grido: “Mamma li turchi!” Per molti secoli l’impero turco ha allungato le sue "otto mani" sui paesi dell’Europa. Le scorribande sulle coste italiane erano all’ordine del giorno, e soprattutto della notte: fanno fede del rischio-infedeli le numerose torri di avvistamento che ancor oggi punteggiano le coste del nostro paese. Attraverso i Balcani i turchi si spinsero anche verso nord. Ed è a questo punto che la loro storia si incrocia con quella del croissant. L’assedio di Vienna del 1683 non fu il primo che gli ottomani posero alla capitale asburgica. Ci avevano già provato nel 1529 (con Solimano il Magnifico), con esito negativo. Se, per la sua limitata durata (solo due mesi) l’assedio del 1683 non può essere ritenuto il padre di tutti gli assedi, certamente andrebbe considerato il padre putativo di due prodotti che oggi appartengono stabilmente alla nostra cultura: il caffè, e – eccolo qui - il croissant.
Quando tutto è iniziato si trovavano invece su due fronti contrapposti: il caffè stava con gli assalitori (i turchi), il croissant con gli assediati (gli austriaci). Costretti a darsi precipitosamente alla fuga per l’arrivo, a difesa di Vienna, del re polacco Giovanni Sobieski, i Turchi lasciarono nei loro accampamenti alcuni sacchi di caffè crudo, cioè non tostato. Aveva uno strano colore verdastro, e i viennesi lo scambiarono sulle prime per cibo per cammelli. Nel dubbio, stavano già per buttare il tutto nel Danubio – dei turchi non si fidavano, ovviamente – quando un certo Kolschirzky, un polacco residente a Vienna, si accorse che si trattava di caffè. Chiese allora il permesso di aprire un caffè (inteso come locale), e da qui cominciò la fortuna dei caffè viennesi.
Il croissant non era invece turco, ma sarebbe nato grazie ai Turchi. E ai loro tentativi di penetrare nella città attraverso gallerie scavate nottetempo, metro dopo metro. A sventare l’attacco proveniente dal sottosuolo erano stati, all’inizio dell’assedio, i fornai viennesi, che lavorando di notte, come tutti i panettieri del mondo, ad impastare pane e brioches, avevano sentito dei rumori sospetti, e avevano dato l’allarme.
Per ringraziare queste novelle oche del Campidoglio, Re Giovanni di Polonia, dopo aver costretto i nemici alla fuga, chiese ai fornai di creare un dolce che rimanesse a futura memoria della vittoria della cristianità. Fu così che un panettiere viennese di nome Vendler creò una brioche a cui diede la forma di una mezzaluna: quella mezzaluna presente sui vessilli dei turchi. Della serie: “turco, m’hai provocato, e io me te magno”. E proprio questo significa la parola “croissant”: (mezzaluna) crescente. Un nome provocatorio, ed ironico, perché dopo la batosta ricevuta, la mezzaluna turca cominciava a diventare calante. Ma il croissant era troppo buono per rimanere confinato a Vienna. Presto passò in Francia, e a portarcelo fu una sua grande – ed illustre – estimatrice: la viennese Maria Antonietta d’Austria, figlia dell’imperatrice Maria Teresa, che sposando Luigi XVI sarebbe diventata nel 1774 regina di Francia. Maria Antonietta.

venerdì 20 marzo 2009

STORIA: Carlo V. Storia di un sovrano, storia di un continente



L'amore era una faccenda assolutamente irrilevante nei fidanzamenti e nei matrimoni fra i rampolli delle grandi monarchie e delle grandi famiglie nobiliari dei secoli passati. Il matrimonio veniva considerato un’ alleanza economico-finanziaria (e militare) costituita dall'unione fra la figlia, o il figlio, di sua maestà Caio e di sua maestà Sempronio. Dall'operazione nasceva una potenza superiore a quella delle due monarchie prese singolarmente.
Così accadde nel 1479 quando ci fu l' unione delle due corone di Spagna, avvenuta a seguito del matrimonio tra Ferdinando d'Aragona e Isabella di Castiglia. Questo rafforzamento arrivò a dare uno slancio all’ impresa della "Reconquista", l'occupazione territori a sud della penisola iberica ancora nelle mani dei "moriscos" (così gli spagnoli chiamavano gli arabi). Infatti, con la caduta di Granada (1492), venne ad esaurirsi la presenza araba nella penisola e nello stesso tempo si sancì l'inizio di una ascesa della potenza spagnola in Europa, che culminò con un periodo di egemonia che si protrasse dalla seconda metà del '500 fino alla prima metà del '600 (“el siglo de oro” spagnolo, il secolo d’oro).
Il 1492 come noto fu determinante per la Spagna non solo in quanto si completò la "Reconquista", ma anche perchè la scoperta del "Nuovo Mondo", diede il via ad una enorme campagna di sfruttamento delle ricchezze dei territori americani.
La figlia di Ferdinando e Isabella, Giovanna detta “la Pazza” andò in sposa a Filippo il Bello d'Asburgo, figlio di Massimiliano I d'Asburgo imperatore del Sacro Romano Impero e di Maria Bianca di Borgogna. Questa unione fu una delle operazioni di politica matrimoniale meglio riuscite della storia: infatti, in questo modo il figlio di Giovanna e di Filippo sarebbe divenuto possessore di un territorio di proporzioni incredibili.
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CARLO V: GLI ANNI DELLA GIOVENTU'
Carlo nasce il 24 febbraio del 1500 a Gand, città che gli rimase sempre profondamente nel cuore.
Una grande figura influì sull'adolescenza di Carlo fu Adriano di Utrecht, futuro papa Adriano VI, che infuse una forte religiosità sul giovane. Questo tipo di formazione profondamente meditativa e contemplativa unita al suo carattere già profondamente introverso diede vita ad un personaggio di buon spessore culturale, anche se intriso di un cattolicesimo quasi bigotto, che lo portò nei momenti di particolare difficoltà a lunghi periodi di abbandono eremitico e di preghiera. Durante la sua gioventù Carlo si sentì attratto più dagli esercizi fisici e dagli sport che dai libri e dalle lingue (conosceva solo il francese, solo alla fine del suo regno cominciò a parlare anche un ottimo spagnolo) si dedicava con passione all'equitazione e alla caccia. Anche se amante degli esercizi fisici, era spesso malato e fu persino epilettico.
A sei anni Carlo, dopo la morte del padre, avvenuta nel 1506, diviene erede dei beni spagnoli e di quelli asburgici.
A sedici anni venne proclamato re di Spagna, succedendo al nonno materno Ferdinando il Cattolico.
Tre anni dopo muore anche il nonno paterno, l'imperatore Massimiliano. In conseguenza di ciò Carlo pone la sua candidatura al titolo imperiale, che ottenne (nonostante molte opposizioni) grazie al denaro dei banchieri tedeschi Fugger, con il quale compera il voto dei principi elettori. I domini di Carlo di Gand (che poi divenne imperatore con il nome di Carlo V) erano, quindi un complesso blocco frutto di quattro eredità distinte: dal nonno paterno Massimiliano I d'Asburgo ereditò i domini familiari degli Asburgo nella Germania sud-orientale, dalla nonna paterna Maria Bianca ereditò i territori della Borgogna e dei Paesi Bassi; dalla nonna materna, Isabella, ottenne la Castiglia e le conquiste castigliane, nell' Africa settentrionale, nei Caraibi e nell' America centrale; dal nonno materno ereditò l' Aragona e i domini aragonesi d'oltremare e cioè Napoli, la Sicilia e la Sardegna.


l'impero di Carlo V - in giallo e verde (esclusi i domini americani)


I PRIMI PROBLEMI IN SPAGNA
Al primo incontro con i sudditi spagnoli, Carlo non fece una bella impressione: Il nuovo re appariva come un sempliciotto e aveva l'imperdonabile difetto di non saper parlare castigliano. Inoltre si era circondato da nobili fiamminghi, cosa che irritò profondamente la suscettibile e orgogliosa nobiltà spagnola, che non sopportava di vedersi soppiantata da uno stuolo di stranieri.
Tutto ciò portò a quello che diverrà il primo grave problema per Carlo: la rivolta dei comuneros (gli abitanti dei comuni). La scintilla per lo scoppio della rivolta fu l'odio furente per gli stranieri e per un governo straniero che prosciugava il Paese della sua ricchezza. L'odio spagnolo verso il nuovo imperatore venne dato soprattutto dal fatto che il re "non teneva alcun conto della personalità e degli usi degli orgogliosi spagnoli... spagnoli che quindi continuavano a considerare l'imperatore come un oppressore straniero".
La rivolta scoppiò nel 1520 e fu domata, con grande fatica, nel 1521.
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FINALMENTE IMPERATORE
Il 28 giugno 1519, dopo la morte del nonno Massimiliano, Carlo fu proclamato imperatore del Sacro Romano Impero.
Durante il suo regno Carlo V, ebbe tre grandi ostacoli da affrontare; ostacoli che uniti insieme potrebbero certamente sembrare insormontabili:
- la Francia, il più potente Stato europeo del tempo;
- la Riforma luterana, ostacolo al suo progetto di costruzione di un impero cristiano unito;
- l' impero ottomano, che da tempo stava espandendosi nei Balcani e nel Mediterraneo, minacciando i commerci cristiani e mettendo in pericolo alcune zone dominate dallo stesso imperatore (ad esempio l'Italia Meridionale).
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CARLO E FRANCESCO, NEMICI PER LA PELLE: LE GUERRE D’ITALIA
Nel 1521, scoppierà il primo dei quattro conflitti che opporranno per più di un ventennio Carlo V al re francese Francesco I. La posta in gioco, durante questi conflitti era un territorio piccolo ma con un enorme importanza strategica, in particolare per Carlo: il ducato di Milano.
Francesco I il 13 settembre 1515 a Marignano (oggi Melegnano) aveva sconfitto l'esercito sforzesco (formato da ventimila mercenari Svizzeri) e conquistato l'ambito territorio.
Nel 1521, Francesco dichiarò guerra all'impero, invadendone i territori. Carlo, reagì; conquistò Milano e la riconsegnò nelle mani degli Sforza, conferendo loro l'investitura imperiale.


il re di Francia, Francesco I

Quindi i francesi passarono al contrattacco, ma vennero pesantemente sconfitti alla Bicocca (1522) e a Pavia (1525) soprattutto a causa della potentissima fanteria spagnola, largamente armata di archibugi. La battaglia di Pavia, fu un terribile massacro, inconsueto per le battaglie dell'epoca, che solitamente si concludevano con molti duelli e pochi morti. A Pavia invece si creò subito un carnaio. Francesco si battè come un leone ed ebbe il suo cavallo ucciso sotto di sè, e probabilmente sarebbe stato ucciso lui stesso se non lo avessero riconosciuto per la bardatura e la ricchezza della sua corazza. Il comandante Antonio de Leyva lo fece circondare e lo dichiarò prigioniero "Maestà, vi siete battuto con coraggio ed eroismo. Ora consegnatemi la spada". Sul campo di battaglia quella notte rimasero diecimila i morti. La metà della miglior nobiltà guerriera di Francia era stata uccisa o fatta prigioniera. Francesco venne fatto prigioniero e venne rinchiuso nel piccolo castello di Pizzighettone sull'Adda, prima di essere condotto in Spagna, dove fu costretto ad accettare un trattato col quale rinunciava ad ogni pretesa sull'Italia e restituiva a Carlo la Borgogna che lo stesso Francesco aveva occupato nel corso della guerra.


la battaglia di Pavia

Per riacquisire la libertà inoltre Francesco fu costretto a lasciare in ostaggio i suoi figli a Carlo, ed anche per questo oltraggio, Francesco tornato in patria giurò vendetta all'imperatore e cominciò ad organizzare subito una nuova offensiva. Cercò alleati ovunque, raccogliendo tutti coloro che temevano lo strapotere di Carlo in una lega denominata lega di Cognac (1526), di cui fecero parte: l'Inghilterra, Firenze, Venezia oltre a due ex-alleati di Carlo, il duca di Milano e il papa Clemente VII.

papa Clemente VII
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IL SACCO DI ROMA
L'imperatore reagì con durezza distruggendo facilmente l'esercito della lega e saccheggiando Roma barbaramente (1527). Ottomila mercenari Bavaresi, Svevi e Tirolesi (i famigerati lanzichenecchi) arrabbiati ed esasperati dalla fame e dal ritardo nel pagamento dei loro stipendi, tutti ottimi combattenti e, soprattutto, luterani, che vedevano il Papa come l'anticristo e Roma come la patria della corruzione, videro balenarsi agli occhi la possibilità di impadronirsi delle immense ricchezze che potevano venire dal saccheggio di Roma.
Quest'orda impazzita raggiunse rapidamente le porte di Roma, ove venne affiancata da centinaia di fuorilegge italiani, anch'essi attratti dalla speranza di un ricco bottino. Quindi il 5 maggio 1527, le truppe imperiali che erano ora formate da 14.000 banditi assaltarono la città. Seguirono otto giorni di rapine e di massacri. Le orde di banditi erano completamente abbandonate a loro stesse e non vi era nessuno che potesse fermarle.
lanzichenecchi

Carlo che pure avrebbe voluto dare una lezione a papa Clemente, ne fu sconvolto; lui, profondamente cattolico, non poteva certo accettare un tale scempio. Così egli agì in fretta e inviò in Castel Sant'angelo un presidio imperiale per difendere il Pontefice, quindi inviò un'ambasciata presso Clemente per esprimere tutto il suo profondo rammarico per l'episodio.
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GIOIE FAMILIARI
In questo stesso periodo anche la vita privata dell'imperatore giunse ad una svolta: i primi di febbraio del 1526, Carlo si unì in matrimonio con la ventitreenne principessa Isabella del Portogallo e un anno più tardi, per l'esattezza il 21 maggio 1527, nacque a Valladolid l'erede di Carlo, Filippo, apportando gioia e spensieratezza nella vita dell'imperatore, oltre ad un periodo di tranquillità e di vita domestica.
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CARLO PADRONE D’ITALIA
Carlo era ormai unico padrone d'Italia (concesse a Carlo III di Savoia, che si era mantenuto neutrale durante lo scontro, la contea di Asti da tempo in mano francese e confermò gli Sforza a Milano, a patto che in caso di morte senza eredi del duca, tutti i possedimenti passassero sotto la corona Asburgica); per questa motivazione nel 1530 si fece incoronare re d'Italia a Bologna da Clemente VII.
Nello stesso periodo l'imperatore cominciò ad esercitare pressioni sulla Chiesa per l'apertura di un concilio atto ad affrontare il problema religioso tedesco. I problemi per l'impero asburgico certamente non erano tutti risolti.
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NUOVI GUAI DA ORIENTE
Nell'anno in cui Carlo sconfisse la Lega di Cognac, (il 29 agosto 1526) gli Ottomani, scesi in campo anche per sollecitazione francese (Francesco in questo modo intendeva dare nuovi grattacapi all'imperatore) inflissero una grandissima sconfitta alla cristianità, battendo a Mohacs l'esercito del re di Boemia e Ungheria Luigi II Jagellone (1516-1526). L'esercito di Luigi, forte di 25.000 uomini, venne completamente distrutto (24.000 furono i morti e lo stesso sovrano, imparentato con gli Asburgo, fu ucciso in battaglia), da oltre 100.000 musulmani guidati da Solimano il Magnifico, che il 12 settembre saccheggiarono barbaramente Buda (una delle due città dalle quali nacque Budapest, l’attuale capitale dell’Ungheria).

il sultano ottomano Solimano il Magnifico


A questo punto Ferdinando d'Asburgo, fratello di Carlo V, passò al contrattacco. innescando lo scontro con il sultano. Quest'ultimo, nel 1529, arrivò ad assediare Vienna (salvata solo dal sopraggiungere della cattiva stagione) e stipulò un'alleanza con i francesi nel 1532. Durante lo stesso anno i Turchi giunsero nuovamente a minacciare le mura della capitale austriaca e fu nuovamente l'inverno a salvare Vienna (le campagne militari duravano dalla primavera all'autunno e la distanza tra Istanbul e Vienna era tale che i Turchi non avevano tempo necessario per sferrare l'attacco decisivo, reso difficile anche per i problemi dati dalle condizioni di trasporto e di rifornimento). Solimano si rese conto della difficoltà dell'impresa e nel 1533, e si accordò con Ferdinando concedendogli un terzo dell'Ungheria.
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IL PIRATA BARBAROSSA
Nello stesso tempo Solimano scatenò la flotta corsara di Algeri capeggiata da un suo suddito: Khair-ad-din detto il Barbarossa e in questo caso Carlo V fu addirittura costretto ad intervenire personalmente, per evitare che i traffici cristiani non fossero troppo danneggiati. Nel maggio del 1529, la città di Algeri venne presa dall'invincibile esercito del Barbarossa e l'anno successivo Carlo decise di passare al contrattacco inviando una flotta capeggiata dal Genovese Andrea Doria.
La spedizione contro Celcel, il più importante nido di pirati ad ovest di Algeri, fu vittoriosa. La minaccia turca rimase comunque molto forte e le orde del Barbarossa, continuarono a devastare e saccheggiare l'Andalusia, la Puglia la Calabria e la Sicilia.
Nel 1535 Carlo fu finalmente pronto ad attaccare il Turco: Alla testa di un esercito enorme, grazie anche all'appoggio fornito da molti Stati europei riuscì a prendere Tunisi (massacrando migliaia di persone inermi) ma liberò solo in parte il Mediterraneo dai pericoli.
Nel frattempo, nel 1529 il fratello di Carlo, Ferdinando, grazie alle truppe inviate da Carlo e la collaborazione dei Principi luterani, (che si accordarono con l'impero per difendere Vienna) riuscì a respingere un nuovo attacco dei turchi alla città.
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ANCORA QUEL PESTIFERO FRANCESCO
L'imperatore non ebbe tregua e mentre affrontava i Musulmani, nel 1536 ricominciò la guerra con la Francia. La causa del nuovo conflitto fu la morte senza eredi (1535) dell'ultimo Sforza. L'Imperatore, secondo i patti stipulati con gli Sforza, prese possesso dello Stato di Milano. A questo punto Francesco I reagì occupando la Savoia e il Piemonte. Carlo rispose invadendo la Provenza, ed in seguito, solo grazie alla mediazione del nuovo Papa Paolo III, si arrivò ad un nuovo patto (1538). L'accordo sarebbe dovuto durare dieci anni, ma in realtà Francesco I cercò di romperlo il prima possibile, trovando ben presto un buon pretesto per scatenare di nuovo la guerra. Nel 1542, Francesco I con i suoi alleati musulmani provò ancora un attacco contro l'imperatore. Ma ormai entrambi i contendenti non se la sentirono più di combattere, anche perché i costi di guerra erano divenuti enormi. Così si arrivò alla Pace di Crépy nel 1544, in seguito alla quale Carlo cedette a Francesco I la Borgogna, mentre il Ducato di Milano rimase a Carlo.
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UN LUTTO FAMILIARE
Nel maggio del 1539 Carlo subì la ferita più profonda della sua vita: la scomparsa della moglie adorata, morta di parto. Egli rimase inginocchiato per lunghe ore davanti al letto su cui giaceva la regina e infine se ne staccò con immensa fatica e dolore. Quindi si ritirò nel monastero di S. Gerolamo a La Sisla. Là rimase per sette settimane, immerso in preghiera e in meditazione.
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GRATTACAPI DA LUTERO
Il problema franco-turco, seppur estremamente temibile, era comunque da considerarsi un problema controllabile grazie alle enormi ricchezze dell'imperatore (che arrivò ad armare oltre 150.000 uomini, una cifra inimmaginabile per l'epoca). Ben più difficile si presentava la situazione in Germania.
Carlo, che pure non nutriva odio e ostilità verso le idee luterane, voleva tenersi amico il papa e soprattutto non poteva irritare i suoi sudditi spagnoli e fiamminghi, profondamente cattolici. Nello stesso tempo doveva tener conto però dei molti Principi tedeschi che nutrivano una forte simpatia verso i principi della Riforma. Carlo incontrò per la prima volta Lutero nel 1521, durante la dieta imperiale di Worms. Chiamato a rinnegare le sue tesi, il monaco rifiutò di ritrattare e perciò venne colpito da bando imperiale oltre che da scomunica papale; ma sfuggì alla condanna grazie a l'elettore di Sassonia Federico il Savio. Come già abbiamo visto, nel periodo immediatamente seguente, Carlo fu oberato da impegni contro i Francesi e i Turchi e quindi la Riforma guadagnò terreno.
L'imperatore, impegnato prima contro la Francia e poi contro i Turchi, cercò di favorire una soluzione pacifica al conflitto religioso in atto, chiedendo al papa la convocazione di un concilio.
La mancanza di un accordo con i cattolici costrinse Carlo a ribadire la condanna del luteranesimo. I protestanti incominciarono quindi ad organizzarsi anche sul piano politico-militare: i principi luterani e numerose città costituirono nel 1531 la Lega di Smacalda.
Carlo, pressato dai turchi, non poté reagire immediatamente, così proclamò la pace imperiale che, in attesa del concilio, decretò la fine d'ogni discriminazione o persecuzione verso i protestanti.
In seguito alla Pace con la Francia si ebbe la possibilità di convocare finalmente un concilio per tentare di risolvere lo scisma luterano; Francesco I, che nel combattere la sua lunga lotta contro Carlo V, non aveva solo cercato e ottenuto l'alleanza con i musulmani, ma aveva anche sostenuto in diversi modi i principi protestanti oppositori di Carlo, ora prometteva allo stesso imperatore di assistere al futuro concilio e di concedergli un appoggio segreto contro i riformati. Il concilio fu effettivamente aperto nel 1545 a Trento, ma i protestanti rifiutarono di parteciparvi. A questo nuovo rifiuto, vissuto da Carlo come un affronto alla sua autorità e a quella papale decise allora di intervenire con la forza. Armò un esercito incredibilmente forte e cominciò ad assediare e a prendere una per una tutte le città protestanti, quindi nel 1547 sconfisse nella battaglia decisiva di Mühlberg la Lega di Smacalda. La vittoria fu totale.
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VERSO LA PENSIONE
Nel frattempo sia Lutero che Francesco I, (31 marzo 1547) i suoi più ostinati nemici, morirono, quindi Carlo sembrò essere finalmente riuscito a rappacificare l'impero e ad ottenere la propria egemonia in Europa; tale trionfo rimase però molto effimero. Infatti il nuovo re di Francia, Enrico II, strinse un’alleanza con i principi riformati tedeschi e attaccò nuovamente l’imperatore.
Il grande sovrano era ormai esausto, così come lo erano le sue finanze ed era inoltre desideroso di pace; pace che giunse, stipulata ad Augusta, dal fratello Ferdinando, il 25 settembre 1555. Pacificazione importante, con la quale la Germania trovò finalmente un equilibrio in campo religioso. Infatti, insieme alla pacificazione militare, si giunse ad un accordo politico-religioso con l'entrata in vigore del cosiddetto principio cuius regio eius et religio (di chi [è] la regione, di costui [è] pure la religione): in tal modo il protestantesimo divenne definitivamente tollerato in Germania. In seguito a questo nuovo principio, infatti, ogni Principe tedesco ebbe la possibilità di seguire la confessione che desiderava e lo Stato che lo stesso Principe governava doveva adattarsi alla stessa scelta. I sudditi che non volessero uniformarsi al credo del proprio Principe, sarebbero stati costretti a emigrare.
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L'ABDICAZIONE E LA DIVISIONE DELL'IMPERO
L’anno dopo Carlo, stanco di combattere, malato e deluso dalle sue "sconfitte", abdicò in favore del figlio Filippo II a cui cedette i Paesi Bassi e le corone di Castiglia, Aragona, Sicilia e Nuove Indie (America); poco dopo cedette anche il titolo imperiale in favore del fratello Ferdinando (anche perché un imperatore spagnolo e fervente cattolico, come era Filippo II, era fortemente malvisto dai Principi tedeschi).
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GLI ULTIMI ANNI
Carlo si ritirò in Spagna nel 1556, stabilendosi nel convento di Yuste nell'Estremadura, con l'intenzione di condurre una vita più tranquilla e in preghiera. Il più potente monarca della storia uscì di scena in modo inconsueto. Si isolò: lontano dal trono e dal potere, in mezzo a pratiche minuziose e persino maniacali di preghiera. Sembra che Carlo si diede una disciplina ferrea, più dura ancora di quella dei frati, trascorrendo interminabili ore in canto e in preghiera, nel coro della chiesa.
Le malattie che già lo avevano colpito fin dall'infanzia incrinarono maggiormente la sua salute.
Il sovrano sul cui impero non tramontava mai il sole si spense poco prima delle due e mezza del mattino del 21 settembre 1558 a Yuste. L'anno successivo la pace di Cateau-Chambresis (3 aprile 1559) avrebbe consacrato il predominio spagnolo in Italia.
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LE CONSEGUENZE DELLA PACE DI CATEAU-CAMBRESIS: LA FINE DELL'INDIPENDENZA ITALIANA
La Spagna ottenne il dominio su larga parte dell'Italia, sia direttamente (Milano, Napoli, Sicilia, Sardegna, Stato dei Presidi), sia indirettamente: infatti dalla sfera d'influenza spagnola restarono esclusi solo la Repubblica di Venezia ed i Savoia (Piemonte), mentre il Papato era un alleato naturale della Spagna, la maggiore potenza cattolica; l'influenza spagnola sull'Italia, ottenuta con questo trattato, durò fino agli inizi del XVIII secolo. L'Italia perdette definitivamente la sua indipendenza, riconquistandola solo nel 1860.
Per la Repubblica di Venezia invece la pace fu un trionfo, visto che era riuscita a mantenere intatti i suoi domini di terraferma, pur essendo stata attaccata da tutte le potenze europee.
La pace di Cateau-Cambrésis definì gli equilibri europei per tutto il secolo successivo, spostando il baricentro sull'Atlantico e ufficializzando la debolezza politica italiana, mentre riconosceva protagoniste della scena europea la Spagna e la Francia.
Ciononostante il sogno di Carlo era ormai definitivamente infranto, l'unità politica e religiosa del suo impero era spezzata.






STORIA - Carlo V, carta d'identità di un imperatore

CARTA D'IDENTITA'
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NOME: Carlo di Gand, meglio noto come Carlo V

DATA DI NASCITA: 24 febbraio 1500

LUOGO DI NASCITA: Gand, nelle Fiandre (l’attuale Belgio)

SEGNO ZODIACALE: Pesci

PROFESSIONE: imperatore del Sacro Romano Impero, re di Spagna, duca di Borgogna, re d'Italia

RELIGIONE: profondamente cattolico

NONNI PATERNI: Massimiliano d’Asburgo, imperatore del Sacro Romano Impero e Maria, duchessa di Borgogna

NONNI MATERNI: Ferdinando, re d’Aragona e Isabella, regina di Castiglia

SEGNI PARTICOLARI: mascella fortemente pronunciata, tipica dei membri della famiglia d’Asburgo

STATO CIVILE: coniugato con la principessa Isabella del Portogallo

FIGLI: Filippo II, futuro re di Spagna

MALATTIE: epilessia e gotta

FRASI CELEBRI: "Sul mio impero non tramonta mai il sole"

HOBBIES: equitazione e caccia

I SUOI "MIGLIORI" NEMICI: Francesco I, re di Francia, Solimano il Magnifico, sultano dell'Impero Ottomano; Martin Lutero

CATTIVE ABITUDINI: golosità. Carlo era capace di mangiare anche due o tre pasti di seguito , era avido e smodato e ingoiava arrosti di vitello, cacciagione, montone e agnello, annaffiati con pinte di vini raffinatissimi. Carlo riusciva a tracannare quantità enormi di birra gelata (anche tre, quattro litri a pasto). I medici e i cortigiani lo supplicavano di moderarsi, ma lui non li ascoltava affatto. Al mattino appena alzato si faceva servire un cappone cotto nel latte con zucchero e forti droghe; il resto del nutrimento quotidiano era proporzionato alla robustezza della prima colazione. Si possono facilmente intuire i risultati di un simile regime alimentare: a trent'anni Carlo ebbe i primi attacchi di gotta e per tutto il resto della vita dovette lottare contro le sofferenze conseguenti a questa malattia.

giovedì 19 marzo 2009

STORIA -Riforma e Controriforma - sintesi semplificata


Il 31 ottobre 1517 un frate tedesco di nome Martin Lutero attaccò alla porta della Cattedrale di Wittenberg un lungo foglio dove erano elencati 95 tesi (argomenti) contro la Chiesa cattolica e contro la vendita di indulgenze. L’appello di Lutero contro l’usanza di vendere il perdono per i peccati si diffuse rapidamente e infiammò la protesta religiosa. Le proteste causarono divisioni in seno alla Chiesa e portarono ad anni di guerra. Ciò a cui Lutero aveva dato inizio era la Riforma.
L’ORIGINE DELLA RIFORMA
Il cattolicesimo era stato la religione dell’Europa occidentale per più di 1.000 anni. La massima autorità della Chiesa cattolica, il papa, era molto potente e influenzava il comportamento di re e principi. Chiunque minacciava il potere della Chiesa era dichiarato eretico e poteva essere scomunicato oppure espulso dalla Chiesa. La Chiesa cattolica era anche molto ricca. Poteva imporre tasse, chiamate decime, in tutta Europa. I monasteri guadagnavano denaro fornendo alloggio ai pellegrini, e alcuni sacerdoti vendevano persino reliquie false. I fedeli venivano incoraggiati a lasciare i loro beni in eredità ai monasteri per ottenere la salvezza delle loro anime.
Ma ciò che davvero spinse Lutero a protestare fu la vendita delle indulgenze. Durante il Medioevo era diventata pratica comune la concessione del perdono per i peccati commessi dietro il versamento di una somma di denaro. Numerosi frati e sacerdoti giravano per città e villaggi promettendo la salvezza dell’anima in cambio di soldi. In origine un credente avrebbe dovuto ottenere il perdono per i propri peccati con il pentimento e la preghiera, ma a partire dal XVI secolo questa pratica era stata corrotta. Le indulgenze potevano essere acquistate per se stessi e persino per i propri parenti defunti. Si credeva che ogni volta che una monetina toccava il fondo della cassetta delle elemosine di un prete, un’altra anima lasciava il Purgatorio per volare in Paradiso.
PERCHÉ LA RIFORMA AVVENNE NEL CINQUECENTO?
Nel corso del XIV secolo alcuni preti, come ad esempio John Wycliffe in Inghilterra, avevano chiesto una riforma della Chiesa cattolica. Wycliffe aveva anche tradotto la Bibbia dal latino in inglese. La traduzione della Bibbia nelle diverse lingue nazionali fu un fatto molto importante per la Riforma, perché permise alle persone di leggere e comprendere da sole il testo sacro. Nel XV secolo anche Jan Hus, un prete della Boemia (nell'attuale Repubblica Ceca), iniziò ad affermare la necessità di una riforma, ma i suoi nemici lo condannarono al rogo con l’accusa di essere eretico. Fu solo nel XVI secolo che la Riforma iniziò a diffondersi.
Due nuovi fattori diedero grande impulso alla diffusione della Riforma: l’umanesimo e l’invenzione della stampa. La filosofia dell’umanesimo, che si era sviluppata nel corso del Rinascimento, aveva enfatizzato l’importanza dell’individuo: questo influenzò il pensiero di molti dei primi protestanti. L’invenzione della stampa, che avvenne attorno al 1450, permise la produzione e la diffusione dei libri in centinaia di copie. La stampa aiutò le idee dei protestanti a diffondersi più rapidamente.
DOVE NACQUE LA RIFORMA?
Le prime fasi della Riforma avvennero in Germania e in Svizzera. A quel tempo la Germania si chiamava Sacro Romano Impero ed era composta da molti piccoli stati, ciascuno dei quali con un proprio principe. Da lì si diffuse in Francia, nei Paesi Bassi, in Inghilterra e in Scandinavia.
LA PROTESTA DI LUTERO
Martin Lutero diede inizio alla Riforma nel 1517. Si ribellò alla Chiesa cattolica e stabilì il proprio ideale di una cristianità protestante. Lutero non credeva che si potesse ottenere il perdono per i propri peccati da un prete, o grazie a un’indulgenza. Egli pensava invece che ciascuno dovesse stabilire un proprio patto con Dio. Il modo per farlo era studiare la Bibbia e vivere secondo la fede. Questa pratica era chiamata “salvezza per fede” (o anche giustificazione per fede). Egli riteneva che il fedele non avesse bisogno del papa, dei sacerdoti e della Chiesa, perché essa non aveva alcuna origine divina.
Nel 1520 papa Leone X concesse 20 giorni a Lutero per ritirare le sue idee, altrimenti lo avrebbe scomunicato ed espulso dalla comunità cristiana. Lutero fu allora convocato dall’imperatore Carlo V per rinnegare pubblicamente le proprie tesi. Lutero rifiutò e fu condannato per eresia. Riuscì a salvarsi dalla condanna a morte grazie al sostegno del potente Principe di Sassonia Federico il Saggio, che organizzò un finto rapimento per farlo sparire e lo nascose nel suo castello a Warburg. Insieme al Principe di Sassonia, altri stati tedeschi si convertirono alla nuova religione protestante, sottraendosi così all’autorità del papa e dell’imperatore.
Lutero e i suoi seguaci avevano sempre sperato di ritornare in seno alla Chiesa cattolica. Ma, dopo la morte di Lutero, tra gli stati cattolici e quelli protestanti dell’impero germanico scoppiò la guerra. Nel 1547 i protestanti furono sconfitti dall’esercito di Carlo V nella battaglia di Mühlberg, dopo di che furono perseguitati. Nel 1555, con la pace di Augusta, Carlo V riconobbe e accettò la divisione che era stata causata dalla Riforma, e permise ai principi e ai loro popoli di abbracciare la fede luterana. Grazie alla pace di Augusta, il Sacro Romano Impero conobbe cinquant’anni di pace.
CALVINO IN SVIZZERA
Giovanni Calvino
era un sacerdote francese. Aveva aderito alla Riforma protestante e si era rifugiato a Ginevra per sfuggire alla persecuzione da parte dei cattolici francesi. Egli stabilì nella città una repubblica protestante, governata da un consiglio cittadino. Calvino sosteneva che il destino di ciascuno è già stato deciso da Dio (principio della predestinazione). Dio ha già stabilito chi sono i predestinati al Paradiso, e l’uomo non può fare nulla per influenzare la sua decisione. Calvino riteneva, inoltre, che i predestinati riflettessero la grazia divina attraverso le virtù della parsimonia, dell’operosità e del duro lavoro.
LA RIFORMA SI DIFFONDE
In Scandinavia la Riforma prese piede rapidamente e senza spargimenti di sangue, grazie all’opera missionaria di sacerdoti provenienti dalla Germania. Nel 1536 Svezia, Danimarca, Norvegia e Islanda si erano già convertite alla religione protestante nella sua versione luterana. In Francia, il re Francesco I e suo figlio Enrico II perseguitarono duramente i protestanti. I protestanti francesi erano conosciuti con il nome di ugonotti ed erano influenzati dagli insegnamenti di Calvino. Questa guerra fu dolorosa e segnata da molti episodi crudeli. Ad esempio il massacro della notte di San Bartolomeo, il 24 agosto 1572, nel quale migliaia di ugonotti in tutta la Francia furono uccisi a sangue freddo. Nei Paesi Bassi (che erano all’epoca un dominio spagnolo) il nord del paese si convertì al protestantesimo calvinista, mentre il sud (l'attuale Belgio) rimase cattolico. Questo scatenò una guerra civile che durò dal 1568 al 1648 e divise l’Olanda dal Belgio.
LA RIFORMA IN INGHILTERRA
La Riforma inglese prese piede quando il re Enrico VIII decise di divorziare dalla prima moglie, Caterina d’Aragona, per sposare Anna Bolena senza il permesso del papa. Il papa scomunicò Enrico, il quale rispose separandosi dalla Chiesa cattolica. L’ Atto di Supremazia del 1534 abolì l’autorità del papa in Inghilterra e nominò lo stesso Enrico a capo della nuova Chiesa d’Inghilterra. Nel 1536 Enrico attaccò i monasteri cattolici, distruggendone gli edifici e confiscandone le terre.
Nel 1533, tuttavia, la regina Maria I (detta la Sanguinaria) reintrodusse la religione cattolica e perseguitò i protestanti. La sua sorellastra, la regina Elisabetta I, completò invece la Riforma inglese, fondando la Chiesa protestante d’Inghilterra (o Chiesa anglicana) così com’è ancora oggi.
LA CHIESA CATTOLICA E LA CONTRORIFORMA
Mentre la Riforma si diffondeva in tutta Europa, e tra cattolici e protestanti scoppiavano guerre sanguinose, la Chiesa cattolica capì che era giunto il momento di dare una risposta al desiderio di rinnovamento espresso sia da una parte del clero sia dai fedeli. Era inoltre necessario cercare di arginare il diffondersi del protestantesimo e salvaguardare l’unità dei cristiani, o almeno quel che ne rimaneva dopo la predicazione di Lutero e di Calvino. Questo movimento prese il nome di Controriforma, cioè “Riforma contro la Riforma protestante”.
Il primo papa a impegnarsi nella Riforma fu Paolo III, eletto nel 1534. Egli decise la formazione di nuovi ordini religiosi, ad esempio i gesuiti (o Compagnia di Gesù, orine monastico fondato dallo spagnolo Ignazio da Loyola), per rendere più efficace la predicazione e l’insegnamento della dottrina cattolica. Nel 1542 istituì l’ Inquisizione romana, un tribunale che doveva combattere il diffondersi del protestantesimo e dell’eresia. Infine, nel 1545 convocò il Concilio di Trento, un’assemblea di tutti i vescovi della Chiesa che durò fino al 1564 e che prese importanti decisioni sia sui punti della fede cattolica sia sull’organizzazione della Chiesa stessa.

lunedì 16 marzo 2009

STORIA - La Controriforma

La Riforma cattolica
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Come reagì la Chiesa cattolica alla diffusione del protestantesimo?
Per contrastare la diffusione del luteranesimo e del calvinismo si era reso necessario un intervento deciso per impedire che queste confessioni conquistassero nuovi fedeli.
Per ottenere questo risultato bisognava:
1) rafforzare l’autorità della Chiesa di Roma;
2) correggere quei difetti che avevano spinto molti cristiani ad allontanarsi dal cattolicesimo.

Il Concilio di Trento
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papa Paolo III


Nel 1545 papa Paolo III convocò un Concilio per esaminare i problemi che avevano provocato la separazione tra i riformati e la Chiesa di Roma.
I protestanti non parteciparono perché rifiutavano di riconoscere l’autorità del papa.
Il Concilio si svolse a Trento e, dopo varie interruzioni, si concluse nel 1563.
Alla fine del Concilio le tesi dei protestanti furono tutte condannate e fu riaffermato il valore della tradizione cattolica che essi avevano messo in discussione.
1) Riguardo al problema della salvezza dell’anima, si stabilì che non bastava avere fede per andare in Paradiso (come invece affermava Lutero), ma occorreva anche meritarlo compiendo opere buone.
2) Fu proclamato che non erano solo le Sacre Scritture ad avere valore di verità, ma anche tutto ciò che la Chiesa aveva dichiarato nel corso dei secoli (ad esempio nei Concili).
3) I fedeli, quindi , non dovevano cercare di capire da soli la ‘parola di Dio’, ma dovevano seguire l’ insegnamento del papa e dei vescovi.
4) Furono riconfermati tutti i sacramenti.
5) Mentre nelle Chiese riformate si usava la lingua locale, in quella cattolica si scelse di continuare a celebrare la messa in latino (fu così fino al XX secolo).
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una seduta del Concilio di Trento

La riorganizzazione della Chiesa
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Il Concilio di Trento prese anche dei provvedimenti per migliorare organizzazione della Chiesa.
Fu riaffermata l’importanza del clero, negata dai protestanti. Esso aveva il compito di avvicinare i cristiani alla religione, quindi doveva essere perfettamente istruito ed educato con severità.
Vennero create scuole per la formazione dei sacerdoti: i seminari.
Inoltre fu ordinato ai vescovi di effettuare ogni due anni una visita nella propria diocesi (la visita pastorale), per controllare l’attività dei parroci.
Questi ultimi avevano il compito di assicurarsi che tutti i parrocchiani rispettassero gli obblighi religiosi presenza alla messa, partecipazione ai sacramenti…) e che la loro vita quotidiana si svolgesse secondo le regole della Chiesa.
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Novi ordini religiosi – La Compagnia di Gesù
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Nel Cinquecento nacquero novi ordini religiosi con la funzione di sostenere la lotta della Chiesa cattolica contro i protestanti.
Questi si dedicavano alla predicazione del Vangelo, all’istruzione dei giovani, all’assistenza di poveri e malati. Con la loro attività volevano testimoniare una fede rinnovata e sincera.
Il più famoso di questi ordini fu la Compagnia di Gesù, fondata nel 1540 dallo spagnolo Ignazio da Loyola.
Gesuiti si impegnarono a diffondere il Vangelo in ogni parte del mondo e, per essere all’altezza di questo incarico, studiavano per lunghi anni.
Fondarono numerose missioni in America Latina e in Asia (India, Cina, Giappone) per conquistare nuovi fedeli alla Chiesa cattolica.
I gesuiti si specializzarono nell’istruzione dei giovani, soprattutto dei figli delle famiglie aristocratiche. I loro collegi offrivano un’ottima preparazione, ma soprattutto un’educazione molto severa, basata sui valori della Chiesa e su una disciplina quasi militare. I gesuiti diventarono quindi insegnanti dei figli di nobili e principi e diventarono i confessori e i consiglieri deglin uomini politici più potenti del mondo cattolico. In questo modo conquistarono una grande influenza nelle corti europee.
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Ignazio da Loyola

La Controriforma
La Chiesa d Roma non cercò solo di migliorare sé stessa, ma si battè anche per sconfiggere i protestanti, la cui influenza cominciava a farsi viva anche in Italia, nel cuore stesso del cattolicesimo.
Nel 1542 Paolo III rafforzò il Tribunale dell’Inquisizione (il tribunale ecclesiastico nato nal Medioevo per combattere gli eretici).
Esso aveva il compito di impedire la diffusione delle idee riformate e anche di tutte quelle che, in qualche modo, mettevano in dubbio la tradizione cattolica.
Le persone sospettate di eresia venivano arrestate, interrogate e torturate, Se riconosciute colpevoli potevano andare incontro a pene durissime: la confisca di tutti i beni, la fustigazione, la prigione, l’ergastolo. Per ch rifiutava di pentirsi e chiedere perdono la pena prevista era la condanna a morte sul rogo.
Con la Controriforma si irrigidì la censura, cioè il divieto di pubblicare e diffondere libri ritenuti contrari alle idee cattoliche. Questi libri venivano elencati nel cosiddetto Indice dei libri proibiti.
L’intolleranza della Controriforma colpì anche gli ebrei, che vennero rinchiusi in speciali rioni chiamati “ghetti”. Il primo ghetto nacque a Venezia nel 1516 (il quartiere mantiene anche oggi quel nome).

uno scorcio del ghetto di Roma

Il Ghetto ebraico di Roma, sorto 40 anni dopo rispetto a quello di Venezia -in assoluto il più antico- è tra i più antichi ghetti del mondo. Il termine GHETTO deriva forse da geth (segregazione) o dal nome della contrada veneziana, gheto, in cui gli ebrei furono costretti a risiedere. Gli abitanti del ghetto, oltre all' obbligo di risiedervi e alla proibizione di esercitare qualunque commercio ad eccezione di quello degli stracci, dovevano portare un distintivo che li rendesse sempre riconoscibili: un berretto gli uomini, un altro segno di facile riconoscimento le donne, entrambi di colore glauco (azzurro). Inizialmente erano previste due porte intorno alle mure del quartiere che venivano chiuse al tramonto e riaperte all'alba.

ITALIANO - La pubblicità occulta




Pubblicità occulta, via libera anche in tv
Repubblica — 18 ottobre 2008 pagina 35
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ROMA - E' strano come il 17, qualche volta, possa portare anche molto bene, regalare denaro, nuova ricchezza. L' articolo 17 di una legge, presto approvata dalle Camere, promette decine di milioni agli editori della tv. La norma autorizzerà, infatti, una forma di pubblicità già impiegata nei film e che adesso avrà diritto di cittadinanza in un semplice fiction televisiva, nei quiz, nell' Isola dei Famosi come nel Grande Fratello, perfino nei programmi sportivi. Questo modello di pubblicità si chiama product placement. Consiste nel collocare un prodotto e la sua marca (questa bene in vista) sulla scena finora di una pellicola cinematografica, presto di ogni altra trasmissione passi alla tv. A salvarsi saranno i programmi per bambini, mentre resta vietata la pubblicità di prodotti sensibili come le sigarette oppure i medicinali. La storia del cinema è piena di prodotti e marchi piazzati sotto gli occhi dello spettatore. Nel 1982, il piccolo Elliot vuole ritrovare a tutti i costi ET (il dolce alieno inventato da Spielberg). Per attirarlo, Elliot dissemina il bosco di caramelle colorate, le famose Reese' s Pieces. E non c' è film di Hollywood che abbia rinunciato a questa forma di finanziamento, da "Spiderman" a "Matrix" fino a "Io sono leggenda". Dal 2004, anche le pellicole italiane possono fare product placement, grazie al via libera della legge Urbani. Nel 2007, tre anni dopo, il product placement ha procurato al nostro cinema il 30% in più dell' anno prima, ma le cifre incassate restano modeste. La musica può cambiare se - come appare ora inevitabile - sarà la televisione ad impossessarsi di questo strumento pubblicitario. Quanti soldi vale questa tecnica pubblicitaria? Quanti milioni può portare nelle casse degli editori televisivi italiani? Difficile dirlo.
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Articolo di ALDO FONTANAROSA


Anche in tv arriva lo spot nascosto rivoluzione per fiction, sport e quiz
Repubblica — 09 marzo 2009 pagina 19
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ROMA - Gli esperti la chiamano product placement e consiste nel buttare lì - nel pieno di una scena - un prodotto e soprattutto la sua marca (ovvio, dietro lauto pagamento). Da anni, i film americani sono pieni di marche in bella evidenza. Già nel lontano 1982, il piccolo Elliot - protagonista di "Et" seminava nel bosco le caramelle Reese' s Pieces pur di attirare il dolce extraterrestre inventato da Spielberg. Dal 2007, la legge Urbani autorizza la tecnica anche nelle nostre pellicole. Basti pensare alla Lufthansa che domina "Il mio miglior nemico" di Verdone o alla Telecom in "Notte prima degli esami oggi". Ora questa tecnica pubblicitaria sta per entrare nella televisione, nelle sue fiction, nel Grande Fratello e perfino nei programmi sportivi. Rischiano l' invasione di marchi e marche le trasmissioni tv per gli adolescenti, ambite dai pubblicitari.
Questa legge attua in Italia una serie di norme approvate negli anni dall' Unione Europea. All' articolo 17, la Legge Comunitaria apre le porte proprio al product placement televisivo. In realtà, l' Italia non sarebbe obbligata a fare propria questa regola europea. L' Europa dice che l' Italia può attuarla se crede, ma può anche ignorarla. Alcuni parlamentari avanzano una richiesta: se proprio bisogna approvare il product placement televisivo, che almeno lo si vieti in tutte le trasmissioni per minori. « Ora temiamo che tutti i programmi per teen-ager siano invasi da bibite, telefonini e vestiti con le loro marche in primo piano. Gli adulti vedono una marca in una fiction televisiva e scrollano le spalle. Ma i teen-ager sono molto più permeabili alla pubblicità subliminale».
Questa tecnica colloca ad arte sulla scena prodotti e relativi marchi, tra le mani di attori di grido. In C' E' POSTA PER TE, famoso film del 1998, Tom Hanks, uno dei protagonisti, va a prendere il caffè da Starbucks, marchio allora emergente.
Nel film "Io sono leggenda" del 2007, l' attore Will Smith gira una New York distrutta da una grave epidemia batteriologica. La sua auto è una Ford Mustang Shelby Gt 500
Nel film I FRATELLI LUMIERE, nell' archivio degli inventori del cinema, spunta il filmato di un battaglione. Sulla scena, compare un carrettino che fa pubblicità a un sapone
Nel 2002, arriva nelle sale il primo film di SPIDERMAN. Lo studente Peter Parker scopre i suoi poteri e aggancia - con la ragnatela -una lattina di Dr Pepper, in voga negli Usa e in America Latina.
E' del 1999 il primo episodio di MATRIX, film culto del genere fantastico. L' attore Keanu Reeves usa un cellulare Nokia. E' il 7110, con lo sportellino che andava dall' alto verso il basso.
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Articolo di ALDO FONTANAROSA

product placement all'interno di un videogioco

venerdì 13 marzo 2009

GEOGRAFIA, le nostre ricerche - BONN



BONN

Bonn è una città della Germania centro occidentale. Sorge sulle sponde del Reno. Fu capitale della Repubblica Federale Tedesca dal 1949 al 1990 e sede del governo tedesco fino al 1998, quando iniziò il trasferimento degli uffici amministrativi a Berlino. Bonn Si trova nel land Nord Reno-Westfalia. È un importante snodo culturale, politico e commerciale del paese ed incorpora altre due cittadine: Bad Godesberg e Beuel, con le quali forma un unico insieme.
Le attività economiche della città sono concentrate specialmente nel settore terziario (burocrazia, servizi, ricerca); notevole è anche la produzione manifatturiera, con industrie metalmeccaniche, chimiche, alimentari e tessili.
Bonn è anche nota come la città della musica. Qui nacque nel 1770 Ludwig van Beethoven. Un monumento è stato eretto in sua memoria e la sua musica viene ricordata con festival internazionali.

monumento a Ludwig von Beethoven

Essa si trova all'interno di una zona con clima atlantico.
L’area intorno a Bonn è un delle più calde della Germania.
Bonn ha 314.926 abitanti, una densità di 2.230 ab./km² e una superficie di 141,22 km². Occupa il 19° posto nella classifica delle città più popolose della Germania.
Bonn è suddivisa in 4 distretti urbani, che sono suddivisi a lor volta in 51 quartieri.
L'aeroporto di Colonia/Bonn si trova circa a 15 km a nord della città.



Munster (la cattedrale)


Tra i monumenti di maggiore interesse appaiono l'imponente Münster (Cattedrale) del XI-XIII secolo; il Rathaus (Municipio), completato nel 1782; la casa in cui nacque Ludwig van Beethoven, ora trasformata in museo; il Bundeshaus (Parlamento), costruito nei primi anni Cinquanta del Novecento; la Villa Hammerschmidt, ex residenza del presidente della Repubblica; il Palazzo Schaumburg, sede del cancelliere.


Rathaus (municipio)

Bonn è città universitaria: le prime facoltà furono fondate nel 1786.
L'antica Castra Bonnensia (dal latino castrum: accampamento militare) venne fondata nel I secolo a.C., tra le prime fortezze romane sul Reno. Acquisì una certa importanza alla metà del XIII secolo, quando l'arcivescovo di Colonia la scelse come residenza e sede del governo. Bonn patì per le lotte di religione nel periodo della Riforma (vedi storia). Occupata dalle truppe francesi nel 1794, nel 1815 entrò a far parte della Prussia. L'elezione a capitale della Repubblica Federale Tedesca portò nuova ricchezza alla città, in cui si moltiplicarono le sedi di rappresentanza nazionali e internazionali. Nel 1969 il comune di Bonn assorbì dieci centri limitrofi, tra cui Bad Godesberg.
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Manifestazioni:
Reno in Fiamme - Il primo sabato di maggio, 2.000 bengala rossi illuminano le attrazioni della città e le passeggiate lungo il fiume tra Bonn e Linz in un festoso sfolgorio di luci: è la festa del Reno in Fiamme (Rhein in Flammen). Ogni anno, lo spettacolo entusiasma decine di migliaia di persone a terra o a bordo di 60 navi passeggeri tra Linz, Remagen, Bad Honnef e Bonn.
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Festival Internazionale di Beethoven - La tradizione del Festival di Beethoven di Bonn risale ai tre giorni di festa musicale indetti nel 1845 per l’inaugurazione del monumento dedicato al sommo compositore. Con un programma annuale di circa cinquanta concerti di aristi internazionali e una durata da due a quattro settimane, tra metà settembre e metà ottobre, il Festival di Beethoven si è trasformato in un grande evento musicale di Bonn e della regione circostante.
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Musei:
Casa-museo di Beethoven La Beethovenhaus a Bonn presenta la più vasta esposizione al mondo sull’eccelso compositore ed è una tappa imperdibile per tutti gli appassionati di musica classica. Già dopo aver varcato la soglia del cortile interno il visitatore si trova immerso nell’atmosfera in cui visse Ludwig van Beethoven (1770-1827). Nella casa dove vide la luce sono stati riuniti 150 pezzi d’esposizione che testimoniano la sua vita e la sua immensa produzione musicale. Molti sono gli strumenti musicali che appartennero all’artista insieme a ricordi, spartiti e oggetti di uso quotidiano. Tra le attrazioni, la consolle dell’organo dell’antica chiesa dei Minoriti nonché il suo ultimo pianoforte a coda. Qui si può anche ammirare una galleria di ritratti autentici di Beethoven.
http://www.beethoven-haus-bonn.de/



museo Beethoven


Arithmeum Bonn - L’Arithmeum di Bonn, aperto nel 1999, è un museo che offre una panoramica interessante del mondo della matematica. L’istituto di ricerca di Matematica dell’Università di Bonn mette in mostra una collezione di oltre 1.200 pezzi, prevalentemente antiche ed efficienti macchine matematiche e libri di matematica dal periodo di Gutenberg ai giorni nostri. Nel museo si possono ammirare bizzarri ingranaggi del calcolo meccanico, si subisce il fascino dei moderni chip ad alta integrazione e si percepisce la profonda simbiosi esistente tra tecnica, arte e scienza.

http://www.arithmeum.uni-bonn.de/





Arithmeum (museo della matematica)


Museo tedesco “Deutsches Museum” - Il Deutsches Museum documenta il momento d’oro della ricerca e della tecnica contemporanee. È il primo museo di questo genere in Germania e presenta scoperte pionieristiche di premi Nobel per la ricerca e molti altri capolavori tedeschi in ambito tecnico. Nelle oltre 40 sezioni vengono presentati più di 100.000 reperti che dimostrano i grandi progressi della scienza e della tecnica in svariati campi: dall’industria mineraria alla fisica atomica, dall’arte preistorica della grotta di Altamira in Spagna alla ricostruzione ingrandita di una cellula del corpo umano. Per chi vuole scoprire come funziona un airbag o stupirsi davanti al Transrapid, il treno monorotaia di fabbricazione tedesca, apprendere concetti di tecnica medica e avere informazioni sugli ultimi sviluppi della scienza che studia il funzionamento del cervello una visita al museo è senz’altro la scelta giusta.
http://www.deutsches-museum-bonn.de/
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Istituto di ricerca e museo Alexander König - Il museo (Forschungsmuseum Alexander Koenig) fu fondato nel 1912 dallo zoologo Alexander Koenig, noto per i suoi viaggi di ricerca ed esplorazione in Africa e al polo. Si tratta di uno dei musei di scienze naturali più pregevoli in Germania e vi si possono osservare interessanti collezioni zoologiche, diorami (spettacolo costituito da vedute di grandi dimensioni che, illuminate con vari sistemi, danno agli spettatori, nell'oscurità, l'illusione di trovarsi di fronte a un panorama reale) che riproducono biotopi (insieme di forme di vita: piante, animali...) di regioni geografiche africane e la famosa collezione fotografica dell’ornitologo (studioso di uccelli) Bengt Berg. Nel museo il visitatore può attivare i propri sensi e sperimentare in prima persona il profondo legame esistente tra uomo e natura e le sue implicazioni. L’esposizione permanente “Il pianeta blu – L’intreccio della vita” propone sezioni del ricco patrimonio museale sui temi savana, foresta tropicale, Artico/Antartico, Europa centrale, uccelli e pesci. L’offerta è arricchita da mostre fotografiche e mostre temporanee su particolari temi.
http://www.museum-koenig.de/


museo d'Arte Moderna


Autori: S.B, G.C., M.C. (integrazioni - prof. Galati)