Islanda
La forte crisi economica globale del 2008 ha portato l'Islanda al crack finanziario: prima di questi eventi l'economia islandese era piccola ma ben sviluppata, con un reddito procapite tra i più alti del pianeta.
L'agricoltura islandese è ostacolata dal clima. I terreni destinati alle coltivazioni agricole (principalmente rape e patate) coprono appena l’1% della superficie del paese; a causa delle condizioni climatiche, fin dal 1945 sono state create serre riscaldate con l’energia geotermica, in cui sono coltivati principalmente frutta esotica, ortaggi e fiori. Parte dei terreni erbosi è sfruttata per il pascolo e l’allevamento del bestiame (soprattutto ovini e mufloni), che contribuisce al settore primario con la produzione di latticini, lana e uova.
La pesca e l’industria di trasformazione ittica costituiscono la maggiore risorsa economica dell’Islanda. Il pescato annuale è costituito per due terzi da merluzzi e capelan e da notevoli quantitativi di crostacei, aringhe e salmoni rossi, lavorati nelle industrie conserviere dei principali centri della costa. In seguito alle pressioni internazionali, l’Islanda ha sospeso la caccia alle balene nel 1989; nel 2006 ha tuttavia annunciato l’intenzione di riprenderla.
Il paese ha poche risorse minerarie. L'Islanda possiede anche un grande apparato industriale, attivo in vari settori ma soprattutto sul settore della lavorazione del pesce e della metallurgia (soprattutto per quanto riguarda la lavorazione dell’ alluminio).
In seguito alla crisi finanziaria ed economica la disoccupazione è passata dal minimo storico dell'1% nel 2008 all'8,2% del Febbraio 2009.
Grazie alle fonti idroelettriche e geotermiche, le società energetiche forniscono all'Islanda più del 70% dell'energia necessaria agli abitanti. Il 99,9% dell'energia elettrica viene generata da fonti rinnovabili; il Parlamento Islandese nel 1998 ha deciso di eliminare tutti i combustibili fossili (petrolio, carbone…) dall'isola e di ottenere solo mezzi di trasporto a idrogeno: entro il 2050, l'Islanda sfrutterà solo energia rinnovabile.
centrale geotermica
Danimarca
Il 52,9% del territorio danese è coltivato (2005). La principale coltura è costituita da cereali, soprattutto frumento, orzo, avena e segale. Rilevanti sono anche le colture di barbabietola da zucchero, di patate e ortaggi. L’agricoltura, una delle più avanzate del mondo per il livello tecnico raggiunto, è praticata perlopiù in appezzamenti di piccole dimensioni e in aziende a conduzione familiare, in base alle disposizioni volute dallo stesso governo che scoraggia la fusione dei poderi in proprietà di più grandi dimensioni.
Di notevole rilevanza per l’economia del paese è l’allevamento, in particolare di suini, bovini e cavalli, che alimenta l’industria lattiero-casearia e della lavorazione delle carni, i cui prodotti sono in grande misura destinati all’esportazione.
Un’ulteriore risorsa è rappresentata dalla pesca, soprattutto di merluzzo, salmone e aringhe.
Tra le principali risorse della Danimarca vi sono il petrolio e il gas naturale: abbondanti giacimenti sono situati nel Mare del Nord, al largo delle coste danesi; il paese provvede perciò autonomamente alla metà circa del suo fabbisogno energetico. Le importazioni di energia provengono per gran parte dalla Svezia. Numerosi i minerali presenti nel paese.
L’industria danese è attiva soprattutto nei settori agroalimentare (in cui spicca la produzione di birra, si pensi a marche famose nel mondo come Tuborg, Ceres e Carlsberg), della lavorazione del tabacco, siderurgico, metallurgico, chimico, farmaceutico, meccanico, elettrico e dei trasporti.
I principali prodotti d’esportazione sono bestiame e prodotti alimentari, in particolare salumi, latticini e birra; le importazioni comprendono invece macchinari, metalli, carburanti, beni di consumo.
I trasporti danesi avvengono in prevalenza via mare: servizi di traghetti consentono collegamenti tra lo Jutland e le numerose isole del paese, mettendo in comunicazione la Danimarca con Germania, Svezia, Gran Bretagna e Norvegia. I collegamenti sono inoltre assicurati dalla presenza di numerosi ponti: i principali uniscono lo Jutland all’isola di Fionia e le isole di Sjælland e Falster. Dal 1° luglio 2000 Copenaghen è collegata a Malmö, in Svezia, da un ponte-galleria sottomarina che attraversa l’Øresund.
La Lego abbandona la Danimarca
Drastiche misure per contenere i costi di produzione dei celebri mattoncini. 900 posti di lavoro spostati in Messico e Repubblica ceca
BILLUND, (Danimarca) - "Smontate la Lego" non è l'invito di una madre o di una maestra d'asilo, che chiami figli o alunni a riporre gli adorati mattoncini, ma piuttosto la direttiva che il management della compagnia ha indicato come unica via per salvare il gruppo dai crescenti costi di produzione. Proprio alla vigilia di Natale l'industria di Billund, nel cuore della Danimarca, ha annunciato l'intenzione di spostare progressivamente tutte le attività produttive verso la Repubblica Ceca e il Messico. Nel 2009 la migrazione dovrebbe essere completa e non un solo mattoncino sarà più prodotto nel paese scandinavo. Le ragioni economiche della scelta sono evidenti, e il processo di delocalizzazione verrà condotto gradualmente per attutire le ripercussioni sulla cittadina, dove cinque anni fa quattromila persone, su un totale di trentamila abitanti, lavoravano nella fabbrica di giocattoli. Eppure, guardando al passato della Lego, un sentimento di perdita e delusione affiora comunque nell'animo di chiunque abbia mai giocato con i famosi cubetti a incastro.
COME IN UNA FIABA - L'infanzia del Lego sembra uscita da un racconto di Andersen, con un povero carpentiere di nome Ole K. Christiansen che, nel secondo dopoguerra, crea un giocattolo semplice ma ricco di originalità, con cui i bambini possono dar forma ai loro sogni usando un materiale quanto mai economico: l'acetato di cellulosa. Negli anni '50 il concetto si raffina ulteriormente finché il figlio di Christiansen, Gotfried, nel 1963 introduce una nuova materia prima (plastica) e uno standard valido ancora oggi, che permette ai bambini del 2000 di incastrare i propri Lego con quelli di mamma e papà. Da allora ci sono state continue innovazioni e ampliamenti, con la creazione di differenti linee di prodotto, l'inaugurazione di parchi a tema in quattro diverse nazioni, concorsi per le costruzioni più ardite e originali e, ultimamente, la trasformazione dei Lego in giocattoli hi-tech, con l'adozione di microchip e collegamenti Bluetooth.
SCELTA DOLOROSA – Adesso, a dispetto dei recenti incrementi nelle vendite, anche quel mondo di creatività e fantasia che la Lego ha sempre cercato di incarnare deve chinarsi alle impietose leggi della globalizzazione. Chissà se, oltre ai macchinari e ai posti di lavoro, la Lego riuscirà a portare, in Boemia come in Messico, anche un poco di quella magia che per sessant'anni ha accompagnato i piccoli, multiformi blocchetti per costruzioni.
Paolo Marcenaro
20 novembre 2006
Norvegia
Nel corso del XX secolo si è assistito nel paese a una notevole espansione industriale, grazie soprattutto alla disponibilità di energia idroelettrica e allo sfruttamento dei giacimenti petroliferi rinvenuti al largo della costa (giacimenti off shore). I norvegesi hanno un livello di vita tra i più elevati al mondo e il paese è economicamente tra i più competitivi.
A causa della configurazione montuosa del territorio, del clima e della povertà dei suoli, solo il 2,8% della superficie della Norvegia è coltivato. Le colture cerealicole sono principalmente orzo, avena e frumento; altro prodotto rilevante sono le patate. Nelle regioni orientali e settentrionali, le meno fertili, le attività primarie prevalenti sono l’allevamento (ovini, bovini e suini) e la produzione lattiero-casearia.
Il 30,7% (2005) del territorio norvegese è coperto da foreste che alimentano una cospicua industria del legno e dei suoi derivati.
Rilevante la produzione della pesca, sia di mare che d’acqua dolce. Fin dagli anni Settanta il governo ha sostenuto lo sviluppo di allevamenti ittici (acquacoltura), soprattutto di salmoni e di trote. La nutrita flotta di pescherecci del paese si spinge spesso fino ai margini dell’isola di Terranova (Canada). Il settore, particolarmente fiorente, è basato sulla pesca del merluzzo, dello sgombro, dell’ aringa e dei gamberi. Un’altra attività importante è la caccia alla balena.
La Norvegia è il principale produttore di petrolio dell’Europa occidentale. L’esportazione di petrolio costituisce il 63,6% (2004) delle esportazioni totali. Il paese avviò le prime estrazioni petrolifere nel 1971.
Altra importante risorsa mineraria è il gas naturale: nel 2003 il paese ne ha prodotti 73,4 miliardi di m³. Altri prodotti minerari del ricco sottosuolo norvegese sono il ferro, il carbone, lo zinco, il titanio e il rame. I principali giacimenti di ferro si trovano vicino al confine con la Russia. La Norvegia è tra i primi produttori di energia idroelettrica.
Disponendo di energia elettrica in grandi quantità e a costi contenuti, il settore industriale è sviluppato soprattutto nella siderurgia e nella metallurgia, i cui processi produttivi richiedono abbondanti risorse energetiche.
Il settore cantieristico (costruzioni navali) un tempo fiorente, entrò in crisi verso la fine degli anni Settanta, quando l’industria conobbe un periodo di recessione (declino) che costrinse molti cantieri navali a diversificare la produzione verso il settore dei macchinari per l’estrazione di petrolio e di gas off-shore. Oggi i comparti di rilievo sono quelli meccanico, tessile, alimentare e della produzione e lavorazione della carta.
La composizione e le destinazioni delle esportazioni norvegesi cambiarono radicalmente negli anni Settanta, quando iniziò lo sfruttamento delle riserve petrolifere e di gas naturale del Mare del Nord, prodotti di cui la Norvegia è attualmente il principale esportatore europeo (con l’esclusione della Russia). Altri prodotti esportati su vasta scala sono i componenti meccanici, l’alluminio, il ferro, l’acciaio, i prodotti chimici, i prodotti cartari e quelli alimentari, prevalentemente ittici.
Svezia
L'economia del paese è basata principalmente sulle risorse forestali, sui ricchi giacimenti di minerali ferrosi e sulle abbondanti risorse idriche.
Il paese gode oggi di uno degli standard di vita più elevati del mondo.
La percentuale di territorio coltivato è assai limitata, equivalendo, nel 2005, al 6,6% del totale. Nonostante ciò, grazie all’utilizzo di tecnologie avanzate, l'agricoltura è una voce importante per l'economia. La maggior parte dei raccolti è destinata al mercato interno: i principali prodotti sono la barbabietola da zucchero, il frumento, l’orzo e le patate.
L’allevamento bovino, che alimenta l’industria lattiero-casearia, è particolarmente fiorente. Tipico della Svezia è l’allevamento delle renne e degli animali da pelliccia.
Con il 67,1% del territorio coperto di foreste, è intuibile come la Svezia possieda le maggiori riserve di legname dell'Europa occidentale e sia uno dei principali paesi produttori di articoli in legno. Le foreste più produttive si trovano nelle zone montuose settentrionali, mentre gli stabilimenti per la lavorazione del legno si concentrano lungo la costa del golfo di Botnia. Alcuni fiumi che sfociano nel golfo sono utilizzati per il trasporto dei tronchi alle segherie e per la fornitura energetica delle stesse.
La produzione della pesca è considerevole: l’aringa, il merluzzo e il tonno sono i prodotti principali del settore.
La produzione mineraria è importante per l'economia del paese. Vasti giacimenti di minerali di ferro si trovano nella Svezia centrale e settentrionale. Sono inoltre presenti riserve di piombo, argento, rame, zinco, oro, petrolio, uranio e piriti. La Svezia possiede il 15% circa delle riserve mondiali di uranio.
L'industria svedese, che negli anni Ottanta del Novecento conobbe un considerevole sviluppo, si basa sulla buona disponibilità di materie prime e di mano d'opera specializzata. I settori maggiormente sviluppati sono quelli della produzione dell’acciaio.
Altre industrie di rilievo sono quelle dell'alluminio, del piombo, del rame, dei veicoli commerciali (Volvo, Saab), delle macchine per l'industria, del materiale elettrico ed elettronico (Ericsson), del legno, della carta, del cemento, dei mobili (IKEA), del vetro, dei prodotti chimici, petroliferi e tessili, dell’abbigliamento, degli aerei e delle navi. I principali centri industriali del paese sono Stoccolma, Göteborg , Malmö.
I principali prodotti d’esportazione sono quelli derivati dal legno, macchine per l'industria, veicoli, ferro e acciaio, prodotti chimici e navi.
Il turismo è un settore in crescita: le maggiori attrattive sono, oltre alla capitale, le estese foreste della Lapponia, dove si possono ammirare il sole di mezzanotte e l’aurora boreale.
Finlandia
In rapporto ai suoi abitanti l’economia finlandese è una delle più ricche del mondo. La sua è un’economia basata sulla conoscenza, che conta una spesa in ricerca e sviluppo tra le più alte al mondo. La scuola finlandese è stata recentemente giudicata la migliore al mondo.
Il forte settore industriale del paese si sviluppò velocemente subito dopo la seconda guerra mondiale, soprattutto in relazione al fabbisogno della vicina Unione Sovietica, fino agli anni Ottanta principale partner commerciale della Finlandia. L’industria, già alla fine degli anni Sessanta impiegava più manodopera di quella occupata in attività agricole e forestali, che ancora oggi costituiscono il settore trainante dell’intero sistema economico e rappresentano una cospicua parte delle esportazioni del paese.
I terreni coltivabili sono limitati esclusivamente alle fertili regioni costiere (il 7,3% del territorio totale), ma l’agricoltura è molto redditizia. I principali prodotti sono l’orzo, la barbabietola da zucchero, l’avena e la patata. Di una certa rilevanza per l’economia è anche l’allevamento di bovini, suini, renne e animali da pelliccia.
La principale fonte di ricchezza è rappresentata dall’ingente patrimonio forestale, composto soprattutto da pini, abeti, abeti rossi e betulle.
La pesca in mare e, in minor misura, nei laghi, soddisfa essenzialmente il mercato interno.
La Finlandia tutela con aree protette solo il 3,1% (2004) della superficie totale del suo territorio: un valore molto basso se confrontato con quello degli altri stati europei, rispetto ai quali detiene però il primato del paese più densamente coperto di foreste (73,9% del territorio nel 2005). Lo sfruttamento forestale è una risorsa di primaria importanza per il Paese: circa il 70% dei suoi prodotti (carta, cartone, prodotti lavorati, segati di legno, compensato, pasta legno) viene infatti esportato; complessivamente da questo settore deriva il 36% del totale delle esportazioni del paese.
Significativa nella regione è la produzione di ferro, rame, zinco, cromo e cobalto.
Nel 2003 l’11,7% dell’energia elettrica era fornito da impianti idroelettrici e il 27,1% era prodotto dai quattro impianti nucleari presenti nel paese.
Nell’ industria, fondamentali sono i settori della lavorazione del legno e della produzione della carta e della cellulosa. Rilevanti sono anche i comparti tessile, chimico, metallurgico e della cantieristica (specializzata nelle navi rompighiaccio, nelle navi da crociera di lusso, nei sottomarini per uso civile e nelle piattaforme galleggianti per la trivellazione del petrolio).
Nave rompighiaccio: la cantieristica navale è uno dei settori di punta dell'industria finlandese
Di recente affermazione ma di livello altamente concorrenziale sono i settori dell’ elettronica e delle telecomunicazioni, che alimentano le esportazioni. Basti qui citare la più conosciuta delle aziende finlandesi, la Nokia, colosso mondiale delle telecomunicazioni.
Il turismo è un settore in discreta crescita, in particolare in Lapponia.
Nel paese è stato realizzato un articolato sistema di canali che, collegando tra loro numerosi laghi e consentendone lo sbocco in mare (golfo di Finlandia), costituisce una fondamentale rete di trasporto per l’industria del legno: circa 6.600 km di corsi d’acqua interni sono infatti navigabili.
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