martedì 28 aprile 2009

STORIA - Illuminismo - parte II°


I pensatori illuministi. L'economia e la politica.

Il desiderio di combattere l’ingiustizia, la miseria e l’ignoranza terrena portò gli illuministi a riflettere attentamente sull’epoca in cui vivevano.

Bisognava usare la ragione per esaminare la società, le usanze, le leggi per comprendere ciò che doveva essere cambiato e migliorato.

Fu condannata l’assurdità della guerra che il “secolo di ferro” aveva conosciuto molto bene: “tutti i vizi di tutte le età e di tutti i Paesi del globo riuniti assieme non uguaglieranno mai i peccati che provoca una sola campagna di guerra” affermò il francese Voltaire, uno dei più importanti intellettuali dell’Illuminismo.

L’economia

Alcuni studiosi cominciarono ad occuparsi anche di un argomento che in passato aveva interessato solo i sovrani e i loro ministri: l’economia.  Bisognava comprendere quali fossero le scelte migliori per aumentare la ricchezza di un Paese.


Adam Smith

Lo scozzese Adam Smith (1723-1790), considerato il fondatore di questa disciplina di studi, sosteneva che ogni individuo doveva essere lasciato libero di svolgere la propria attività (liberismo) perché, se i governi avessero evitato di intervenire con tasse e regolamenti, i commerci si sarebbero sviluppati rapidamente, portando prosperità e benessere a un numero sempre maggiore di persone.


La politica

Gli illuministi reclamarono inoltre il diritto di esprimere liberamente il loro parere e le loro critiche  anche a proposito delle leggi e del modo di governare. Se questa idea oggi può sembrare normale, nel Settecento era un’assoluta novità. Allora, eccetto che in Inghilterra (vedi il paragrafo sulla Gloriosa Rivoluzione) e nelle Province Unite, ovunque in Europa si sosteneva che  il potere dei sovrani derivasse direttamente da Dio.

Gli illuministi respinsero questo principio e affermarono che il primo dovere di un regnante era quello di garantire la felicità pubblica (cioè di tutti gli abitanti del Paese), quindi di governare nell’interesse dei sudditi.

Se questa idea era condivisa da tutti gli illuministi, non tutti erano d’accordo sul modo migliore per ottenere questo risultato.

 

Voltaire

Alcuni, come Voltaire, erano convinti che gli ideali dell’Illuminismo avrebbero affascinato anche i sovrani e che questi, ascoltando i consigli dei philosophes – così venivano chiamati gli illuministi francesi) avrebbero governato per modernizzare il loro Paese. Questa teoria fu chiamata dispotismo illuminato. (da despota à sovrano assoluto)

 

Montesquieu

Non era di questa idea il barone di Montesquieu (1689-1755). Egli era convinto che fosse necessario creare una forma di governo in cui l’autorità del re avesse limiti precisi.

Montesquieu ammirava l’Inghilterra dove il potere del Parlamento frenava quello del sovrano (ricorda la redazione del Bill of Rights dopo la Gloriosa Rivoluzione).

Secondo Montesquieu per governare un Paese dovevano essere messi in pratica tre compiti fondamentali:

- FARE LE LEGGI (potere legislativo)

- FARLE APPLICARE (potere esecutivo)

- GIUDICARE E PUNIRE chi non le rispetta (potere giudiziario).

 

Per avere un governo giusto e non oppressivo bisognava impedire che questi tre poteri fossero concentrati nelle mani di una sola persona. Andavano quindi separati e tenuti divisi.

Questa teoria, che Montesquieu scrisse nella sua opera più famosa L’esprit de lois (Lo spirito delle leggi), pubblicata nel 1748, è oggi adottata da tutti i Paesi democratici del mondo. Allora però venne ritenuta pericolosa, tant’è che, nel 1751, venne inserita nell’Indice di Libri Proibiti.

 

Jean-Jacques Rousseau

Un’idea ancora diversa era quella del ginevrino Jean Jacques Rousseau, aspramente critico nei confronti della proprietà privata e del progresso che, secondo lui sono stati la vera causa dell’infelicità umana. Affermava che l'uomo fosse, in natura, buono, un "buon selvaggio", ma che fosse stato corrotto in seguito dalla società civile e colta; vedeva questa come un prodotto artificiale nocivo per il benessere degli individui, portandoli alla degenerazione e al vizio.

“Il primo uomo che, avendo recintato un terreno, ebbe l'idea di proclamare questo è mio, e trovò altri così ingenui da credergli, costui è stato il vero fondatore della società civile. Quanti delitti, quante guerre, quanti assassinii, quante miserie, quanti orrori avrebbe risparmiato al genere umano colui che, strappando i pali o colmando il fosso, avrebbe gridato ai suoi simili: «Guardatevi dall'ascoltare questo impostore; se dimenticherete che i frutti sono di tutti e che la terra non è di nessuno, sarete perduti!»”

Rousseau era ostile alla monarchia e sosteneva che la miglior forma di governo fosse la Repubblica democratica: il popolo doveva essere il vero sovrano e quindi aveva il diritto di formulare le leggi e di scegliersi i governanti più capaci, ma anche di controllarli e allontanarli se non avessero agito per il bene pubblico.

 

 


 

 

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