venerdì 20 marzo 2009

STORIA: Carlo V. Storia di un sovrano, storia di un continente



L'amore era una faccenda assolutamente irrilevante nei fidanzamenti e nei matrimoni fra i rampolli delle grandi monarchie e delle grandi famiglie nobiliari dei secoli passati. Il matrimonio veniva considerato un’ alleanza economico-finanziaria (e militare) costituita dall'unione fra la figlia, o il figlio, di sua maestà Caio e di sua maestà Sempronio. Dall'operazione nasceva una potenza superiore a quella delle due monarchie prese singolarmente.
Così accadde nel 1479 quando ci fu l' unione delle due corone di Spagna, avvenuta a seguito del matrimonio tra Ferdinando d'Aragona e Isabella di Castiglia. Questo rafforzamento arrivò a dare uno slancio all’ impresa della "Reconquista", l'occupazione territori a sud della penisola iberica ancora nelle mani dei "moriscos" (così gli spagnoli chiamavano gli arabi). Infatti, con la caduta di Granada (1492), venne ad esaurirsi la presenza araba nella penisola e nello stesso tempo si sancì l'inizio di una ascesa della potenza spagnola in Europa, che culminò con un periodo di egemonia che si protrasse dalla seconda metà del '500 fino alla prima metà del '600 (“el siglo de oro” spagnolo, il secolo d’oro).
Il 1492 come noto fu determinante per la Spagna non solo in quanto si completò la "Reconquista", ma anche perchè la scoperta del "Nuovo Mondo", diede il via ad una enorme campagna di sfruttamento delle ricchezze dei territori americani.
La figlia di Ferdinando e Isabella, Giovanna detta “la Pazza” andò in sposa a Filippo il Bello d'Asburgo, figlio di Massimiliano I d'Asburgo imperatore del Sacro Romano Impero e di Maria Bianca di Borgogna. Questa unione fu una delle operazioni di politica matrimoniale meglio riuscite della storia: infatti, in questo modo il figlio di Giovanna e di Filippo sarebbe divenuto possessore di un territorio di proporzioni incredibili.
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CARLO V: GLI ANNI DELLA GIOVENTU'
Carlo nasce il 24 febbraio del 1500 a Gand, città che gli rimase sempre profondamente nel cuore.
Una grande figura influì sull'adolescenza di Carlo fu Adriano di Utrecht, futuro papa Adriano VI, che infuse una forte religiosità sul giovane. Questo tipo di formazione profondamente meditativa e contemplativa unita al suo carattere già profondamente introverso diede vita ad un personaggio di buon spessore culturale, anche se intriso di un cattolicesimo quasi bigotto, che lo portò nei momenti di particolare difficoltà a lunghi periodi di abbandono eremitico e di preghiera. Durante la sua gioventù Carlo si sentì attratto più dagli esercizi fisici e dagli sport che dai libri e dalle lingue (conosceva solo il francese, solo alla fine del suo regno cominciò a parlare anche un ottimo spagnolo) si dedicava con passione all'equitazione e alla caccia. Anche se amante degli esercizi fisici, era spesso malato e fu persino epilettico.
A sei anni Carlo, dopo la morte del padre, avvenuta nel 1506, diviene erede dei beni spagnoli e di quelli asburgici.
A sedici anni venne proclamato re di Spagna, succedendo al nonno materno Ferdinando il Cattolico.
Tre anni dopo muore anche il nonno paterno, l'imperatore Massimiliano. In conseguenza di ciò Carlo pone la sua candidatura al titolo imperiale, che ottenne (nonostante molte opposizioni) grazie al denaro dei banchieri tedeschi Fugger, con il quale compera il voto dei principi elettori. I domini di Carlo di Gand (che poi divenne imperatore con il nome di Carlo V) erano, quindi un complesso blocco frutto di quattro eredità distinte: dal nonno paterno Massimiliano I d'Asburgo ereditò i domini familiari degli Asburgo nella Germania sud-orientale, dalla nonna paterna Maria Bianca ereditò i territori della Borgogna e dei Paesi Bassi; dalla nonna materna, Isabella, ottenne la Castiglia e le conquiste castigliane, nell' Africa settentrionale, nei Caraibi e nell' America centrale; dal nonno materno ereditò l' Aragona e i domini aragonesi d'oltremare e cioè Napoli, la Sicilia e la Sardegna.


l'impero di Carlo V - in giallo e verde (esclusi i domini americani)


I PRIMI PROBLEMI IN SPAGNA
Al primo incontro con i sudditi spagnoli, Carlo non fece una bella impressione: Il nuovo re appariva come un sempliciotto e aveva l'imperdonabile difetto di non saper parlare castigliano. Inoltre si era circondato da nobili fiamminghi, cosa che irritò profondamente la suscettibile e orgogliosa nobiltà spagnola, che non sopportava di vedersi soppiantata da uno stuolo di stranieri.
Tutto ciò portò a quello che diverrà il primo grave problema per Carlo: la rivolta dei comuneros (gli abitanti dei comuni). La scintilla per lo scoppio della rivolta fu l'odio furente per gli stranieri e per un governo straniero che prosciugava il Paese della sua ricchezza. L'odio spagnolo verso il nuovo imperatore venne dato soprattutto dal fatto che il re "non teneva alcun conto della personalità e degli usi degli orgogliosi spagnoli... spagnoli che quindi continuavano a considerare l'imperatore come un oppressore straniero".
La rivolta scoppiò nel 1520 e fu domata, con grande fatica, nel 1521.
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FINALMENTE IMPERATORE
Il 28 giugno 1519, dopo la morte del nonno Massimiliano, Carlo fu proclamato imperatore del Sacro Romano Impero.
Durante il suo regno Carlo V, ebbe tre grandi ostacoli da affrontare; ostacoli che uniti insieme potrebbero certamente sembrare insormontabili:
- la Francia, il più potente Stato europeo del tempo;
- la Riforma luterana, ostacolo al suo progetto di costruzione di un impero cristiano unito;
- l' impero ottomano, che da tempo stava espandendosi nei Balcani e nel Mediterraneo, minacciando i commerci cristiani e mettendo in pericolo alcune zone dominate dallo stesso imperatore (ad esempio l'Italia Meridionale).
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CARLO E FRANCESCO, NEMICI PER LA PELLE: LE GUERRE D’ITALIA
Nel 1521, scoppierà il primo dei quattro conflitti che opporranno per più di un ventennio Carlo V al re francese Francesco I. La posta in gioco, durante questi conflitti era un territorio piccolo ma con un enorme importanza strategica, in particolare per Carlo: il ducato di Milano.
Francesco I il 13 settembre 1515 a Marignano (oggi Melegnano) aveva sconfitto l'esercito sforzesco (formato da ventimila mercenari Svizzeri) e conquistato l'ambito territorio.
Nel 1521, Francesco dichiarò guerra all'impero, invadendone i territori. Carlo, reagì; conquistò Milano e la riconsegnò nelle mani degli Sforza, conferendo loro l'investitura imperiale.


il re di Francia, Francesco I

Quindi i francesi passarono al contrattacco, ma vennero pesantemente sconfitti alla Bicocca (1522) e a Pavia (1525) soprattutto a causa della potentissima fanteria spagnola, largamente armata di archibugi. La battaglia di Pavia, fu un terribile massacro, inconsueto per le battaglie dell'epoca, che solitamente si concludevano con molti duelli e pochi morti. A Pavia invece si creò subito un carnaio. Francesco si battè come un leone ed ebbe il suo cavallo ucciso sotto di sè, e probabilmente sarebbe stato ucciso lui stesso se non lo avessero riconosciuto per la bardatura e la ricchezza della sua corazza. Il comandante Antonio de Leyva lo fece circondare e lo dichiarò prigioniero "Maestà, vi siete battuto con coraggio ed eroismo. Ora consegnatemi la spada". Sul campo di battaglia quella notte rimasero diecimila i morti. La metà della miglior nobiltà guerriera di Francia era stata uccisa o fatta prigioniera. Francesco venne fatto prigioniero e venne rinchiuso nel piccolo castello di Pizzighettone sull'Adda, prima di essere condotto in Spagna, dove fu costretto ad accettare un trattato col quale rinunciava ad ogni pretesa sull'Italia e restituiva a Carlo la Borgogna che lo stesso Francesco aveva occupato nel corso della guerra.


la battaglia di Pavia

Per riacquisire la libertà inoltre Francesco fu costretto a lasciare in ostaggio i suoi figli a Carlo, ed anche per questo oltraggio, Francesco tornato in patria giurò vendetta all'imperatore e cominciò ad organizzare subito una nuova offensiva. Cercò alleati ovunque, raccogliendo tutti coloro che temevano lo strapotere di Carlo in una lega denominata lega di Cognac (1526), di cui fecero parte: l'Inghilterra, Firenze, Venezia oltre a due ex-alleati di Carlo, il duca di Milano e il papa Clemente VII.

papa Clemente VII
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IL SACCO DI ROMA
L'imperatore reagì con durezza distruggendo facilmente l'esercito della lega e saccheggiando Roma barbaramente (1527). Ottomila mercenari Bavaresi, Svevi e Tirolesi (i famigerati lanzichenecchi) arrabbiati ed esasperati dalla fame e dal ritardo nel pagamento dei loro stipendi, tutti ottimi combattenti e, soprattutto, luterani, che vedevano il Papa come l'anticristo e Roma come la patria della corruzione, videro balenarsi agli occhi la possibilità di impadronirsi delle immense ricchezze che potevano venire dal saccheggio di Roma.
Quest'orda impazzita raggiunse rapidamente le porte di Roma, ove venne affiancata da centinaia di fuorilegge italiani, anch'essi attratti dalla speranza di un ricco bottino. Quindi il 5 maggio 1527, le truppe imperiali che erano ora formate da 14.000 banditi assaltarono la città. Seguirono otto giorni di rapine e di massacri. Le orde di banditi erano completamente abbandonate a loro stesse e non vi era nessuno che potesse fermarle.
lanzichenecchi

Carlo che pure avrebbe voluto dare una lezione a papa Clemente, ne fu sconvolto; lui, profondamente cattolico, non poteva certo accettare un tale scempio. Così egli agì in fretta e inviò in Castel Sant'angelo un presidio imperiale per difendere il Pontefice, quindi inviò un'ambasciata presso Clemente per esprimere tutto il suo profondo rammarico per l'episodio.
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GIOIE FAMILIARI
In questo stesso periodo anche la vita privata dell'imperatore giunse ad una svolta: i primi di febbraio del 1526, Carlo si unì in matrimonio con la ventitreenne principessa Isabella del Portogallo e un anno più tardi, per l'esattezza il 21 maggio 1527, nacque a Valladolid l'erede di Carlo, Filippo, apportando gioia e spensieratezza nella vita dell'imperatore, oltre ad un periodo di tranquillità e di vita domestica.
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CARLO PADRONE D’ITALIA
Carlo era ormai unico padrone d'Italia (concesse a Carlo III di Savoia, che si era mantenuto neutrale durante lo scontro, la contea di Asti da tempo in mano francese e confermò gli Sforza a Milano, a patto che in caso di morte senza eredi del duca, tutti i possedimenti passassero sotto la corona Asburgica); per questa motivazione nel 1530 si fece incoronare re d'Italia a Bologna da Clemente VII.
Nello stesso periodo l'imperatore cominciò ad esercitare pressioni sulla Chiesa per l'apertura di un concilio atto ad affrontare il problema religioso tedesco. I problemi per l'impero asburgico certamente non erano tutti risolti.
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NUOVI GUAI DA ORIENTE
Nell'anno in cui Carlo sconfisse la Lega di Cognac, (il 29 agosto 1526) gli Ottomani, scesi in campo anche per sollecitazione francese (Francesco in questo modo intendeva dare nuovi grattacapi all'imperatore) inflissero una grandissima sconfitta alla cristianità, battendo a Mohacs l'esercito del re di Boemia e Ungheria Luigi II Jagellone (1516-1526). L'esercito di Luigi, forte di 25.000 uomini, venne completamente distrutto (24.000 furono i morti e lo stesso sovrano, imparentato con gli Asburgo, fu ucciso in battaglia), da oltre 100.000 musulmani guidati da Solimano il Magnifico, che il 12 settembre saccheggiarono barbaramente Buda (una delle due città dalle quali nacque Budapest, l’attuale capitale dell’Ungheria).

il sultano ottomano Solimano il Magnifico


A questo punto Ferdinando d'Asburgo, fratello di Carlo V, passò al contrattacco. innescando lo scontro con il sultano. Quest'ultimo, nel 1529, arrivò ad assediare Vienna (salvata solo dal sopraggiungere della cattiva stagione) e stipulò un'alleanza con i francesi nel 1532. Durante lo stesso anno i Turchi giunsero nuovamente a minacciare le mura della capitale austriaca e fu nuovamente l'inverno a salvare Vienna (le campagne militari duravano dalla primavera all'autunno e la distanza tra Istanbul e Vienna era tale che i Turchi non avevano tempo necessario per sferrare l'attacco decisivo, reso difficile anche per i problemi dati dalle condizioni di trasporto e di rifornimento). Solimano si rese conto della difficoltà dell'impresa e nel 1533, e si accordò con Ferdinando concedendogli un terzo dell'Ungheria.
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IL PIRATA BARBAROSSA
Nello stesso tempo Solimano scatenò la flotta corsara di Algeri capeggiata da un suo suddito: Khair-ad-din detto il Barbarossa e in questo caso Carlo V fu addirittura costretto ad intervenire personalmente, per evitare che i traffici cristiani non fossero troppo danneggiati. Nel maggio del 1529, la città di Algeri venne presa dall'invincibile esercito del Barbarossa e l'anno successivo Carlo decise di passare al contrattacco inviando una flotta capeggiata dal Genovese Andrea Doria.
La spedizione contro Celcel, il più importante nido di pirati ad ovest di Algeri, fu vittoriosa. La minaccia turca rimase comunque molto forte e le orde del Barbarossa, continuarono a devastare e saccheggiare l'Andalusia, la Puglia la Calabria e la Sicilia.
Nel 1535 Carlo fu finalmente pronto ad attaccare il Turco: Alla testa di un esercito enorme, grazie anche all'appoggio fornito da molti Stati europei riuscì a prendere Tunisi (massacrando migliaia di persone inermi) ma liberò solo in parte il Mediterraneo dai pericoli.
Nel frattempo, nel 1529 il fratello di Carlo, Ferdinando, grazie alle truppe inviate da Carlo e la collaborazione dei Principi luterani, (che si accordarono con l'impero per difendere Vienna) riuscì a respingere un nuovo attacco dei turchi alla città.
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ANCORA QUEL PESTIFERO FRANCESCO
L'imperatore non ebbe tregua e mentre affrontava i Musulmani, nel 1536 ricominciò la guerra con la Francia. La causa del nuovo conflitto fu la morte senza eredi (1535) dell'ultimo Sforza. L'Imperatore, secondo i patti stipulati con gli Sforza, prese possesso dello Stato di Milano. A questo punto Francesco I reagì occupando la Savoia e il Piemonte. Carlo rispose invadendo la Provenza, ed in seguito, solo grazie alla mediazione del nuovo Papa Paolo III, si arrivò ad un nuovo patto (1538). L'accordo sarebbe dovuto durare dieci anni, ma in realtà Francesco I cercò di romperlo il prima possibile, trovando ben presto un buon pretesto per scatenare di nuovo la guerra. Nel 1542, Francesco I con i suoi alleati musulmani provò ancora un attacco contro l'imperatore. Ma ormai entrambi i contendenti non se la sentirono più di combattere, anche perché i costi di guerra erano divenuti enormi. Così si arrivò alla Pace di Crépy nel 1544, in seguito alla quale Carlo cedette a Francesco I la Borgogna, mentre il Ducato di Milano rimase a Carlo.
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UN LUTTO FAMILIARE
Nel maggio del 1539 Carlo subì la ferita più profonda della sua vita: la scomparsa della moglie adorata, morta di parto. Egli rimase inginocchiato per lunghe ore davanti al letto su cui giaceva la regina e infine se ne staccò con immensa fatica e dolore. Quindi si ritirò nel monastero di S. Gerolamo a La Sisla. Là rimase per sette settimane, immerso in preghiera e in meditazione.
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GRATTACAPI DA LUTERO
Il problema franco-turco, seppur estremamente temibile, era comunque da considerarsi un problema controllabile grazie alle enormi ricchezze dell'imperatore (che arrivò ad armare oltre 150.000 uomini, una cifra inimmaginabile per l'epoca). Ben più difficile si presentava la situazione in Germania.
Carlo, che pure non nutriva odio e ostilità verso le idee luterane, voleva tenersi amico il papa e soprattutto non poteva irritare i suoi sudditi spagnoli e fiamminghi, profondamente cattolici. Nello stesso tempo doveva tener conto però dei molti Principi tedeschi che nutrivano una forte simpatia verso i principi della Riforma. Carlo incontrò per la prima volta Lutero nel 1521, durante la dieta imperiale di Worms. Chiamato a rinnegare le sue tesi, il monaco rifiutò di ritrattare e perciò venne colpito da bando imperiale oltre che da scomunica papale; ma sfuggì alla condanna grazie a l'elettore di Sassonia Federico il Savio. Come già abbiamo visto, nel periodo immediatamente seguente, Carlo fu oberato da impegni contro i Francesi e i Turchi e quindi la Riforma guadagnò terreno.
L'imperatore, impegnato prima contro la Francia e poi contro i Turchi, cercò di favorire una soluzione pacifica al conflitto religioso in atto, chiedendo al papa la convocazione di un concilio.
La mancanza di un accordo con i cattolici costrinse Carlo a ribadire la condanna del luteranesimo. I protestanti incominciarono quindi ad organizzarsi anche sul piano politico-militare: i principi luterani e numerose città costituirono nel 1531 la Lega di Smacalda.
Carlo, pressato dai turchi, non poté reagire immediatamente, così proclamò la pace imperiale che, in attesa del concilio, decretò la fine d'ogni discriminazione o persecuzione verso i protestanti.
In seguito alla Pace con la Francia si ebbe la possibilità di convocare finalmente un concilio per tentare di risolvere lo scisma luterano; Francesco I, che nel combattere la sua lunga lotta contro Carlo V, non aveva solo cercato e ottenuto l'alleanza con i musulmani, ma aveva anche sostenuto in diversi modi i principi protestanti oppositori di Carlo, ora prometteva allo stesso imperatore di assistere al futuro concilio e di concedergli un appoggio segreto contro i riformati. Il concilio fu effettivamente aperto nel 1545 a Trento, ma i protestanti rifiutarono di parteciparvi. A questo nuovo rifiuto, vissuto da Carlo come un affronto alla sua autorità e a quella papale decise allora di intervenire con la forza. Armò un esercito incredibilmente forte e cominciò ad assediare e a prendere una per una tutte le città protestanti, quindi nel 1547 sconfisse nella battaglia decisiva di Mühlberg la Lega di Smacalda. La vittoria fu totale.
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VERSO LA PENSIONE
Nel frattempo sia Lutero che Francesco I, (31 marzo 1547) i suoi più ostinati nemici, morirono, quindi Carlo sembrò essere finalmente riuscito a rappacificare l'impero e ad ottenere la propria egemonia in Europa; tale trionfo rimase però molto effimero. Infatti il nuovo re di Francia, Enrico II, strinse un’alleanza con i principi riformati tedeschi e attaccò nuovamente l’imperatore.
Il grande sovrano era ormai esausto, così come lo erano le sue finanze ed era inoltre desideroso di pace; pace che giunse, stipulata ad Augusta, dal fratello Ferdinando, il 25 settembre 1555. Pacificazione importante, con la quale la Germania trovò finalmente un equilibrio in campo religioso. Infatti, insieme alla pacificazione militare, si giunse ad un accordo politico-religioso con l'entrata in vigore del cosiddetto principio cuius regio eius et religio (di chi [è] la regione, di costui [è] pure la religione): in tal modo il protestantesimo divenne definitivamente tollerato in Germania. In seguito a questo nuovo principio, infatti, ogni Principe tedesco ebbe la possibilità di seguire la confessione che desiderava e lo Stato che lo stesso Principe governava doveva adattarsi alla stessa scelta. I sudditi che non volessero uniformarsi al credo del proprio Principe, sarebbero stati costretti a emigrare.
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L'ABDICAZIONE E LA DIVISIONE DELL'IMPERO
L’anno dopo Carlo, stanco di combattere, malato e deluso dalle sue "sconfitte", abdicò in favore del figlio Filippo II a cui cedette i Paesi Bassi e le corone di Castiglia, Aragona, Sicilia e Nuove Indie (America); poco dopo cedette anche il titolo imperiale in favore del fratello Ferdinando (anche perché un imperatore spagnolo e fervente cattolico, come era Filippo II, era fortemente malvisto dai Principi tedeschi).
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GLI ULTIMI ANNI
Carlo si ritirò in Spagna nel 1556, stabilendosi nel convento di Yuste nell'Estremadura, con l'intenzione di condurre una vita più tranquilla e in preghiera. Il più potente monarca della storia uscì di scena in modo inconsueto. Si isolò: lontano dal trono e dal potere, in mezzo a pratiche minuziose e persino maniacali di preghiera. Sembra che Carlo si diede una disciplina ferrea, più dura ancora di quella dei frati, trascorrendo interminabili ore in canto e in preghiera, nel coro della chiesa.
Le malattie che già lo avevano colpito fin dall'infanzia incrinarono maggiormente la sua salute.
Il sovrano sul cui impero non tramontava mai il sole si spense poco prima delle due e mezza del mattino del 21 settembre 1558 a Yuste. L'anno successivo la pace di Cateau-Chambresis (3 aprile 1559) avrebbe consacrato il predominio spagnolo in Italia.
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LE CONSEGUENZE DELLA PACE DI CATEAU-CAMBRESIS: LA FINE DELL'INDIPENDENZA ITALIANA
La Spagna ottenne il dominio su larga parte dell'Italia, sia direttamente (Milano, Napoli, Sicilia, Sardegna, Stato dei Presidi), sia indirettamente: infatti dalla sfera d'influenza spagnola restarono esclusi solo la Repubblica di Venezia ed i Savoia (Piemonte), mentre il Papato era un alleato naturale della Spagna, la maggiore potenza cattolica; l'influenza spagnola sull'Italia, ottenuta con questo trattato, durò fino agli inizi del XVIII secolo. L'Italia perdette definitivamente la sua indipendenza, riconquistandola solo nel 1860.
Per la Repubblica di Venezia invece la pace fu un trionfo, visto che era riuscita a mantenere intatti i suoi domini di terraferma, pur essendo stata attaccata da tutte le potenze europee.
La pace di Cateau-Cambrésis definì gli equilibri europei per tutto il secolo successivo, spostando il baricentro sull'Atlantico e ufficializzando la debolezza politica italiana, mentre riconosceva protagoniste della scena europea la Spagna e la Francia.
Ciononostante il sogno di Carlo era ormai definitivamente infranto, l'unità politica e religiosa del suo impero era spezzata.






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